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Cetraro, Franco Muto e donna Flora sfrattati dallo... Stato

Il boss e la moglie dovranno pagare l’affitto o lasciare l'abitazione

Con l’inchiesta FrontieraLa Dda di Catanzaro ha disarticolato il clan Muto

Sfrattata. Come una qualsiasi locataria morosa. Lei, la moglie di Franco Muto, detto “il re del pesce”, cacciata da casa. Da quella casa di via Nazionale, simbolo del potere familiare, posta nel cuore commerciale di Cetraro. Mai Angelina Corsanto, condannata a 9 anni per effetto delle inchieste condotte da Nicola Gratteri contro la cosca più potente dell’Alto Tirreno cosentino, avrebbe pensato d’essere trattata così. Un tempo era il marito il “padrone” di quel lembo di terra e, semmai, erano tanti gli uomini dello Stato pronti a piegare la testa. Tanti ma non tutti. Oggi è lo Stato, attraverso l’azione convinta della magistratura antimafia, a pareggiare i conti con un passato oscuro e ingombrante. Alla Corsanto è stata notificata una diffida di «pagamento di indennità o di rilascio» dell’appartamento in cui vive. Si tratta di uno stabile che, insieme ad altri beni immobili, è stato posto sotto sequestro dal Gip distrettuale di Catanzaro su richiesta del pool guidato da Gratteri e affidato a degli amministratori giudiziari. I quali scrivono alla moglie di Muto, che tutti nel cetrarese chiamano da sempre “donna Flora”: «dai sopralluoghi effettuati risulta che l’immobile risulta da lei occupato senza titolo alcuno». Come dire: la donna, essendo il cespite sotto sequestro, non esercita alcun ruolo, né come proprietaria, né come locataria. E quindi? «La diffidiamo» scrivono gli amministratori «a stipulare contratto di concessione in uso ed a corrispondere la relativa indennità di occupazione determinata - secondo le prescrizioni dell’autorità giudiziaria ed in funzione del valore medio commerciale - in 772 euro mensili». E se “donna Flora” non firmerà e non onorerà il contratto proposto dovrà «rilasciare l’immobile sequestrato libero da persone e cose entro 30 giorni».

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