Un’interpretazione «del tutto arbitraria» di una norma rischia di negare il futuro occupazionale a 600 lavoratori di pubblica utilità calabresi. Dopo la Regione, anche i sindacati confederali si sono resi conto che tra qualche giorno gli Lpu resteranno a casa e, di conseguenza, molti servizi che questi precari garantiscono da anni ai Comuni subiranno una vera e propria paralisi. Tutto per una sorta di cavillo che ha separato il loro destino da quello dei lavoratori socialmente utili. Le segreterie regionali e di categoria di Cgil, Cisl e Uil hanno protocollato ieri una richiesta di incontro al prefetto di Catanzaro Maria Teresa Cucinotta affinché vengano attivate «le opportune interlocuzioni» e «possa scongiurarsi il rischio di tensioni sociali che pure già serpeggiano tra gli interessati». I sindacati, come già hanno fatto direttamente alcuni Comuni, chiedono che si rappresenti al Dipartimento della Funzione pubblica e del Ministero dell’economia e delle finanze «l’esigenza che venga presto emanata un’interpretazione autentica» sulle disposizioni normative contenute nella legge 160/2019 «che sia risolutiva per la vita di 600 lavoratori calabresi che stanno vivendo una vera e propria discriminazione rispetto al complessivo bacino di cui facevano parte». La ratio della norma sarebbe infatti quella di superare il precariato storico della pubblica amministrazione «attraverso la semplificazione delle assunzioni dei lavoratori socialmente utili e di pubblica utilità».
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