Tiziana Palazzo portava in grembo un figlio quando la ‘ndrangheta cosentina le uccise il marito. Il 12 marzo del 1985 Sergio Cosmai, direttore del carcere bruzio, stava andando a prendere all’asilo la figlioletta, Rossella. Viaggiava a bordo di una Fiat 500, si muoveva senza scorta. I fratelli Dario e Nicola Notargiacomo e Stefano e Giuseppe Bartolomeo, “azionisti” spietati avevano ricevuto l’ordine di ucciderlo dal boss Franco Perna, ora ergastolano. E lo fecero. Cosmai, soccorso ma ormai in coma, venne trasferito in una clinica pugliese dove poche ore il suo cuore cessò di battere. I quattro componenti del “commando” vennero successivamente arrestati e condannati in primo grado all’ergastolo. In appello, tuttavia, furono assolti e la sentenza passò poi in giudicato. I collaboratori di giustizia hanno raccontato che tra il primo e il secondo grado di giudizio, le cosche cosentine investirono 70 miloni per salvare i quattro imputati. A chi furono dati i soldi? Non s’è mai scoperto. «I nostri cari devono parlare attraverso di noi. E le nostre non devono essere solo parole e occasioni di commemorazione ma dichiarazioni di impegno e di lotta».
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