L’ombra d’una corposa “mazzetta”. Pagata per ottenere vantaggi da un appalto bandito dalla Azienda ospedaliera di Cosenza per assicurare la pulizia ed i servizi integrativi negli ospedali “Annunziata” e “Mariano Santo” di Cosenza e “Santa Barbara” di Rogliano. Una presunta tangente da 400.000 euro che sarebbe stata versata dalla Coopservice di Reggio Emilia attraverso una triangolazione con altre società del gruppo imprenditoriale che conta 17.000 dipendenti e un fatturato annuale miliardario. Società su cui hanno messo gli occhi e le orecchie i finanzieri ed i carabinieri dei comandi provinciali bruzi: una di queste ha sede in Sicilia e potrebbe essere stata utilizzata - così sospettano gli inquirenti - per mascherare la “dazione” di denaro. Si tratta, ovviamente, solo di una ipotesi tutta da verificare. Che, tuttavia, qualcosa non andasse già all’atto della stipula del contratto tra la Cooperativa emiliana e la più importante Azienda ospedaliera dell’Alta Calabria, il procuratore Mario Spagnuolo e il pm Margherita Saccà l’avevano pensato subito dopo aver esaminato le carte.
Le modifiche
A pochi giorni dalla stipula, infatti, era stata aumentata la base contrattuale riguardante i servizi integrativi con un esborso orario per le prestazioni da eseguire fatto passare dai previsti 14 euro a 19. Un’anomalia l’hanno definita i pubblici ministeri che hanno poi scoperto una serie di irregolarità riguardanti il numero effettivo delle ore di lavoro svolte dalla Coopservice per garantire la pulizia dei plessi ospedalieri. Una pulizia che lasciava a desiderare come confermavano decine e decine di segnalazioni fatte dagli operatori sanitari (medici, direttori di unità operative, primari) sul livello di insufficienza riscontrato negli interventi svolti dal personale della società di Reggio Emilia. Gli accertamenti eseguiti dagli investigatori e le ispezioni condotte nei nosocomi, hanno successivamente indotto i magistrati ad ipotizzare l’esistenza di una vera e propria truffa ai danni dello Stato ed una connessa frode nelle pubbliche forniture con un danno per la sanità pubblica pari a tre milioni di euro. La ragione? Contando sulla mancanza di adeguati controlli - questa la tesi della Procura - la società avrebbe fatto figurare centinaia di ore lavorative mai realmente svolte ottenendo indebiti vantaggi economici.
Le intercettazioni
Per provare l’ipotizzato assunto accusatorio, gli inquirenti hanno nei lunghi mesi d’indagine disposto mirate intercettazioni, imbattendosi nei colloqui intercorsi tra una ex dirigente della “Coopservice”, Monica Fabris, 48 anni, veneta, destinataria prima di Natale di un provvedimento di sequestro preventivo, e un collega di lavoro. La donna, parlando al telefono con l’interlocutore, si lasciava sfuggire delle affermazioni gravi e significative relative al pagamento di una tangente per 400.000 euro e all’espediente finanziario adottato per eseguirlo. Millanterie? Chissà. È il 6 febbraio del 2019 e la Fabris afferma: «beh se vanno in fondo alla questione di Cosenza sono fottuti, perché lì ne sono certa che è stata pagata una tangente! Ne sono certa! Anche se non mi ricordo a chi è stata pagata, basta solo che vanno sulle fatture registrate di Cooppservice, la trovano perché l’importo invece io lo ricordo a memoria (400.000 euro) ... scavano un pò e trovano che sono stati pagati migliaia...centinaia di migliaia di euro per servizi non resi... e qualcuno dovrà dare spiegazioni del perchè...». Gli investigatori hanno passato al setaccio i conti economici della Coopservice, i flussi di denaro inerenti le varie compagini attive in più regioni ed i conti relativi alle questioni calabresi. Quella della Fabris sembrerebbe, infatti, quasi una sorta di confessione extragiudiziale. Stava dicendo la verità, oppure bleffava con il collega dopo essere stata licenziata? Difficile offrire una risposta certa.
Misura interdittiva
Nel frattempo, però, sulla base delle ipotesi di reato emerse, la Procura ha chiesto al Gip di Cosenza, Giuseppe Greco, l’emissione di una misura interdittiva nei confronti della grande società emiliana. E il Gip, ieri, prima di decidere se interdire il colosso aziendale dai rapporti con la Pubblica Amministrazione in tutto il Paese, ha tenuto una udienza camerale con gli avvocati del legale rappresentante, Roberto Olivo, che si sono riservati di produrre nuova documetazione. L’inchiesta della magistratura è già costata gli arresti domiciliari a quattro dirigenti, locali e nazionali, della società cooperativa settentrionale. Si tratta di: Gianluca Scorcelletti, 54 anni di Pesaro; Fabrizio Marchetti, 47, di Roma; Salvatore Pellegrino, 53 di Catanzaro; Massimiliano Cozza 48, di Cosenza. Nell’indagine, peraltro, sono inoltre indagati l’ex direttore generale dell’Azienda ospedaliera, Achille Gentile, il Responsabile dell’Unità Operativa Complessa Teodoro Gabriele accusati di falsità materiale commessa da pubblico ufficiale e di abuso d’ufficio. Eppoi i collaboratori amministrativi Renato Mazzuca e Maria Giacinta (falso e abuso d’ufficio) e Domenico Fuoco (solo abuso d’ufficio). Per loro è stata richiesta l’interdizione.
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