Quadro indiziario definito e richiesta di rinvio a giudizio già pronta: a meno di un anno di distanza dal clamoroso arresto, l’ex prefetto Paola Galeone si avvia ad affrontare l’udienza preliminare davanti al Gup di Cosenza per rispondere delle gravi accuse contestatele dalla magistratura inquirente. Il dirigente del ministero dell’Interno ha, nel frattempo, cambiato avvocati e appare ora più che mai determinata a dare battaglia. La Galeone è indagata per induzione alla corruzione per aver chiesto alla imprenditrice Cinzia Falcone, presidente dell’associazione “Animed”, di emettere una fattura fittizia al fine di entrare in possesso delle somme residue rimaste nel fondo di rappresentanza della Prefettura. Dopo l’arresto, l’ex prefetto venne messa «a disposizione» dal ministro dell’Interno Luciana Lamrogese, e chiese di rendere interrogatorio davanti al gip di Cosenza, Letizia Benigno. Dopo l’audizione ottenne la rimessione in libertà. Il magistrato infatti dispose l’interdizione della Galeone per un anno dai pubblici uffici imponendole pure il divieto di dimora nella città dei bruzi. La Benigno ritenne che l’indagata non potesse più reiterare il reato e che le esigenze cautelari iniziali fossero venute meno. L’interdizione e il divieto di dimora apparvero insomma al gip sufficienti a scongiurare eventuali tentativi di inquinamento probatorio. Le indagini su Paola Galeone, condotte dalla Mobile diretta da Fabio Catalano, partirono la sera del 23 dicembre del 2019 quando la presidente Falcone contattò il funzionario di polizia chiedendo udienza. La donna, presidente dell’associazione “Animed” che si occupa di organizzare manifestazioni contro la violenza di genere e gestisce un Centro di accoglienza per richiedenti asilo e protezione internazionale a Camigliatello Silano, riferì al poliziotto che il Prefetto le aveva chiesto la emissione di una fattura fittizia al fine di utilizzare la somma residua (1200 euro) rimasta disponibile nel proprio Fondo di rappresentanza. Le dichiarazioni rese in piena notte determinarono l’avvio di una indagine condotta dal pm Giuseppe Visconti e dal procuratore capo, Mario Spagnuolo. La Galeone concordò con la Falcone – secondo la tesi di accusa ripresa nell’ordinanza di custodia cautelare e negli atti conclusivi d’indagine – di spartirsi la somma: 700 euro sarebbero andati a lei e 500 alla denunciante. Tramite whatsapp stabilirono così di vedersi dopo la pausa natalizia in un locale pubblico del centro di Cosenza. I poliziotti del questore Giovanna Petrocca monitorarono e intercettato i messaggi fino al giorno dell’incontro avvenuto nel pomeriggio del 28 dicembre in un bar posto di fronte alla Prefettura. In quella sede l’imprenditrice, a conclusione di un colloquio interamente registrato dalla Mobile, consegnò all’ex prefetto una busta di colore rosa con la somma stabilita. Busta che la Galeone infilò in borsa. All’uscita venne fermata dagli investigatori che la condussero in Questura dove il denaro venne posto sotto sequestro. Questi fatti. Paola Galeone si è sempre protestata innocente. Nel corso delle indagini i contenuti e la messaggistica del suo cellulare come quelli del telefono della Falcone sono stati sottoposti a perizia.