«Tutte le strutture sanitarie del paese lavorano con soldi pubblici. Anche Emergency. Perché per fortuna il sistema prevede che le cure tutte, e per tutti, per il ricco e per il povero, vengano pagate con le risorse derivanti dal prelievo fiscale dove chi ha di più paga anche per chi ha di meno. Se invece l’intenzione di Gino Strada dovesse essere quella di ripristinare il monopolio delle strutture a gestione esclusivamente pubblica escludendo quelle a gestione privata dalla possibilità di inserirsi nel servizio sanitario pubblico e lasciando loro solo la possibilità di farsi pagare dai cittadini, dovrebbe dirlo più chiaramente. Perché ciò significa semplice semplice, il ritorno alla sanità dei ricchi (quelli che possono permettersi eccellenze nel privato a pagamento) e dei poveri (quelli che possono andare solo negli ospedali pubblici)». È quanto afferma Enzo Paolini, presidente regionale dell'Aiop, Associazione Italiana Ospedalità Privata.
Gli erogatori
«Ma noi - continua Paolini - pensiamo che non sia così. E se così dovesse pensare Strada non saremmo d’accordo. Il servizio sanitario pubblico italiano è stato una grande conquista democratica. La riforma Bindi ha messo tutti gli erogatori sullo stesso piano: quelli a gestione pubblica che impiegano totalmente le risorse pubbliche (immobili, detrazioni, investimenti, stipendi ecc. ecc.) e quelli a gestione privata, che investono in proprio e non fruiscono di alcun contributo pubblico. Tutte, pubbliche e private, vengono (dovrebbero essere) verificate allo stesso modo in termini di controlli, standard qualitativi dotazioni tecnologiche, requisiti strutturali ed organizzativi. Tutti devono erogare diagnosi e cure senza oneri per tutti i cittadini indistintamente, e tutte – pubbliche e private – devono essere remunerate nello stesso modo con tariffe e criteri e tetti di spesa fissati dallo Stato. Cioè il contrario di ciò che qualche testafina affida allo sfiatatoio dei social. Perché in realtà le strutture pubbliche non vengono remunerate a tariffa bensì a piè di lista, per ciò che fanno e per ciò che non fanno; in sostanza per ciò che costano. Utilizzano beni pubblici e usufruiscono degli investimenti dello Stato, e pagano tutto, anche gli immani sprechi, con soldi pubblici».
I finanziamenti
Paolini ricorda che «le strutture private vengono remunerate con contratti e con tariffe imposte dallo Stato e solo per le prestazioni che erogano. Non usufruiscono di nessun bene pubblico, di nessun investimento pubblico, ovviamente non sprecano (e se lo fanno è a loro danno) e pagano gli stipendi con i propri soldi. Dunque – con buona pace degli urlatori nelle arene televisive e non – non risucchiano neanche un centesimo pubblico. Vengono pagate (spesso tardi e male) per un lavoro svolto come servizio pubblico. Come è giusto che sia. Altrimenti dovrebbe dirsi che anche un medico di un qualsiasi reparto ospedaliero, quando riceve lo stipendio, risucchia soldi pubblici. Le truffe, le speculazioni e gli imbrogli sono altra cosa. Vanno denunciate con nomi e cognomi senza incriminare un sistema o una categoria intera. Organizzare tutto ciò senza tollerare sprechi, senza consentire imbrogli, senza chiudere gli occhi davanti alle speculazioni è compito della Regione. Si chiama governo. E deve essere fatto da onesti e competenti. Quello che è mancato in Calabria e continuerà a mancare se si continuerà a pensare a improbabili soluzioni con prefetti, generali e poliziotti. Loro cercano – benemeriti – di snidare gli ndranghetisti ed i disonesti di tutti i tipi. A noi servono i buoni governanti, scelti e selezionati nei modi virtuosi della democrazia. Ma per riuscirci occorre che la classe dirigente sia selezionata per scelta e non per nomina. Semplicemente perché la nomina fa declinare verso il basso il livello qualitativo della politica. Questo è il vero problema, alla fine».
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