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Esplosivo, armi da guerra e minacce: la vita blindata del procuratore Gratteri

Nicola Gratteri

«Ho le spalle larghe e i nervi d’acciaio», così il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri ha sempre risposto alle domande sulle continue minacce a cui è sottoposto ormai da oltre 30 anni. L’ultima solo pochi giorni fa quando ai carabinieri di Lagonegro è arrivata una lettera che svelava il piano del clan Mancuso per eliminare il magistrato.

Non aveva ancora 30 anni quando, nel 1989, all’esordio della sua carriera ignoti spararono contro la casa della sua fidanzata avvisandola: “Sposi un uomo morto”. Da quel momento la scorta non ha più lasciato il procuratore. Tre anni dopo quel primo avvertimento saranno proprio i poliziotti della sua tutela a mettere in fuga due uomini appostati a poca distanza dall’abitazione di Gratteri.

In pochi anni dalla Pretura di Locri sferra colpi durissimi alla criminalità locale. Gratteri non si ferma e le “attenzioni” nei suoi confronti aumentano di livello. Nel 2004 è il Sismi a segnalare il rischio di un attentato nei confronti del magistrato e per questo il livello di scorta venne aumentato. Pochi mesi dopo la conferma del piano dei clan arriva da un’intercettazione.

Il Ros, che stava indagando su una cosca che taglieggiava i pescatori della costa jonica, sente dalla viva voce di un affiliato che l’attentato contro Gratteri doveva essere eseguito con dell'esplosivo, nell'intento di eliminare anche la scorta. Pochi giorni dopo quegli arresti in un covo della piana di Gioia Tauro il Ros trova un chilo di plastico con detonatore, lanciarazzi, kalashnikov, bombe a mano.

In quegli anni dalla sua scrivania alla Dda di Reggio Gratteri decapita le ‘ndrine più potenti, scova i latitanti e svela i traffici con i narcos sudamericani. Nel 2012 è un pentito a raccontare l’ennesimo piano delle cosche per colpirlo. Allo stesso Gratteri confessa durante un interrogatorio che a Reggio Calabria erano già arrivati sedici chili di esplosivo per farlo saltare in aria.

Quando Gratteri poi sceglie di concorrere per il posto di procuratore di Catanzaro tra i clan, e non solo, cresce la fibrillazione. Pochi mesi prima della sua nomina accade che due falsi poliziotti con il viso coperto da passamontagna suonino alla porta del figlio del magistrato. Un episodio che alcuni tradussero come un messaggio inquietante lanciato al futuro procuratore.

Una volta insediatosi a Catanzaro Gratteri fa subito capire che la sua battaglia contro la ‘ndrangheta andrà avanti: «Ci sono state riunioni per evitare che venissi a Catanzaro, ma non riescono a fermarmi». saranno proprio le sue stessi indagini a raccontare i piani falliti per colpirlo.

Si verrà così a sapere, grazie a un’intercettazione, che le cosche della Locride avevano preparato un attentato di concerto con i clan cutresi che sarebbe dovuto avvenire proprio in provincia di Crotone. Il figlio del boss di San Leonardo di Cutro lo paragona a Giovanni Falcone: «Guaglio uno di questi… uno… na botta… uno di questi è ad alto rischio ogni secondo!! Un morto che cammina!!!». La tensione continua a crescere dopo il maxi blitz Scott Rinascita.

Un mese dopo gli oltre 300 arresti il livello di allerta attorno alla sicurezza del procuratore viene alzato fino al livello massimo. Gli inquirenti sono riusciti a svelare un piano messo in campo da una confederazione di cosche unite dall’unico obiettivo di eliminare Gratteri. Su questo progetto così come su quello contenuto nella lettera inviata ai carabinieri indaga la Procura di Salerno.

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