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'Ndrangheta, le cosche avevano una "talpa" in Procura a Vibo Valentia

Si allunga la lista delle “talpe” piazzate dalla ’ndrangheta vibonese nei palazzi dello Stato. Nella chiusura indagini della maxi inchiesta Scott Rinascita tra i 4790 indagati è stato inserito anche Domenico Protettì, 54 anni, funzionario di cancelleria della Procura presso il Tribunale di Vibo Valentia.

Nei suoi confronti - riporta la Gazzetta del Sud in edicola - i magistrati della Dda di Catanzaro ipotizzano il concorso esterno in associazione mafiosa. In particolare, come concorrente “esterno” e grazie al suo ruolo all’interno dell’ufficio giudiziario, Protettì, secondo l’accusa, «forniva uno stabile contributo ai sodali della ’ndrina Cassarola».

Ma stando alla ricostruzione della Procura antimafia guidata da Nicola Gratteri, Protettì non sarebbe stato l’unico “infedele” all’interno degli uffici giudiziari di Vibo valentia. Già nel blitz del dicembre scorso era finito in manette il 38enne Danilo Tripodi, operatore giudiziario in servizio presso la segreteria del Tribunale di Vibo Valentia.

A rivelare i segreti d’ufficio sarebbe stata anche Domenica Brosio, impiegata del Tribunale. In una intercettazione appare ben cosciente del suo ruolo fuori e dentro le aule di giustizia: «È vero che sono una commessa e sono l’ultimo gradino della scala, ma sono quella che sa manovrare le fila e tutto».

Concorso esterno è l’accusa mossa a un’altra operatrice giudiziaria del Tribunale, Carmela Cariello, il cui nome era presente già nell’ordinanza di dicembre. La dipendente pubblica sarebbe stata la testa di ponte negli uffici giudiziari del clan Lo Bianco.

Tra i funzionari “infedeli” la Dda con l’avviso di conclusione delle indagini ha inserito anche i fratelli Nicola e Michele Larobina rispettivamente ausiliario all’Ufficio del Giudice di Pace di Vibo Valentia, e funzionario della prefettura di Vibo Valentia nell’ufficio protezione civile.

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