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Truffa sugli investimenti a Reggio, sequestrate monete d'argento e diamanti: 3 denunce

Falsi investimenti e società finanziarie inesistenti dietro ai quali, in realtà, si celava una truffa. Un raggiro, partito da Reggio Calabria che ha portato tre persone sul registro degli indagati e al sequestro di un "bottino" di 1,5 milioni di euro.

Una indagine portata avanti dalla guardia di finanza nei confronti di tre persone accusate a vario titolo di truffa aggravata mediante la raccolta e gestione di risparmi, la vendita di strumenti finanziari fasulli ed a struttura piramidale, in assenza delle prescritte autorizzazioni. Oltre un centinaio i risparmiatori truffati in tutta Italia.

Tra gli indagati anche un funzionario, ora in pensione, di un istituto di credito che avrebbe fornito il proprio supporto ai membri dell’associazione nell’individuazione dei potenziali clienti. Le indagini hanno consentito, tra l’altro, di tracciare le ricchezze accumulate dagli indagati, e pertanto sono stati sottoposti a sequestro disponibilità finanziarie detenute su conti corrente ubicati in Italia e nell’isola di Tenerife (Spagna), terreni a Reggio Calabria e 127 oggetti preziosi tra cui diamanti, collane, bracciali, anelli d'oro, orologi di alto valore altre pietre preziose e 241 monete di argento.

Il sequestro deriva dalla convergenza di più attività investigative, coordinate dalla procura reggina, che hanno consentito di rilevare come gli indagati, agendo sotto lo schermo di società finanziarie appositamente costituite in Italia e all’estero, si facessero consegnare somme di denaro dai malcapitati clienti prospettando loro il reinvestimento in fondi di risparmio e promettendo tassi di interesse particolarmente allettanti, talvolta anche fino al 40%.

I membri dell’associazione incameravano, quindi, le somme e successivamente, al fine di rendere più credibile lo schema truffaldino, provvedevano al rimborso, solo parziale delle stesse, in piccole «tranche» e mediante ricariche su carte prepagate. A fronte delle somme ricevute a titolo di investimento, gli indagati facevano in modo che i soggetti truffati stipulassero polizze assicurative fittizie a garanzia degli investimenti, riuscendo così ad incamerare indebitamente ulteriori somme di denaro.

I falsi piani assicurativi, gestiti da uno dei sodali mediante una società nel Padovano, oltre a dare una parvenza di garanzia all’investimento, incoraggiavano i potenziali clienti a stipulare i predetti strumenti finanziari. Le indagini esperite hanno consentito di rilevare che gran parte degli investimenti avveniva mediante la stipula di contratti di associazione in partecipazione all’interno di strutture piramidali ("Multi level marketing"), tra le quali networks gestiti dal principale indagato.

In particolare si tratta di tipologie di reti il cui «core business» è il sistema di pacchetti di affiliazioni e di vendite, che prospetta agli investitori un rendimento proporzionale alla capacità di reclutamento di nuovi sottoscrittori dei piani di investimento. I clienti venivano, pertanto, posti di fronte a una allettante possibilità di conseguire guadagni mediante il loro inserimento a titolo oneroso in una cosiddetta «Catena di Sant'Antonio», facendo credere loro che, per ottenere maggiori compensi, avrebbero dovuto far inserire e dunque «reclutare» nuovi soggetti. In realtà, gli indagati hanno rimborsato i malcapitati clienti solo parzialmente, trattenendo gran parte delle somme investite.

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