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Bambini positivi al Coronavirus, i pediatri calabresi dettano linee guida e protocolli

Antonio Gurnari, segretario della Fimp Calabria

Un percorso diagnostico-terapeutico-assistenziale redatto senza lasciare nulla al caso. Ora che il giorno della ripartenza è arrivato davvero, i pediatri della nostra regione ripartono dal documento stilato dalla sezione calabrese della Federazione italiana medici pediatri.

Tutto parte dalla consapevolezza che il momento del ritorno alla normalità alla quale tutta Italia era abituata prima che scattasse il lockdown di marzo è ancora lontano. Lo è tanto più negli studi medici perché gli ambulatori erano e restano zone a rischio contagio e lo scenario non cambia quando ad aver bisogno di cure sono i bambini. Anzi, nonostante quella infantile non sia una categoria eccessivamente colpita dal Covid-19, i pediatri non hanno nessuna intenzione di rischiare.

Da qui la discesa in campo di Antonio Gurnari e la scelta di mettere nero su bianco il percorso da seguire per la gestione dei bambini che presentino sintomi clinici sospetti o che convivano con persone positive. Resta il nodo asintomatici e dal triage telefonico non si scappa: in ambulatorio continueranno ad approdare soltanto i bimbi che non presentino i sintomi del virus che continua a far paura. Per i casi dubbi non c'è alternativa al tampone e senza il responso di negatività le cose si complicano

. Sì, bimbi con patologie acute, come ad esempio tosse e febbre, potrebbero essere positivi al coronavirus e dunque trasformarsi in fonte di infezione per il personale sanitario. Mai come in questa fase, dunque, “screening” è la parola chiave perché per curare i piccoli pazienti positivi al coronavirus non resta altra strada se non quella di attivare le Unità speciali di continuità assistenziale istituite per la gestione dei pazienti positivi o sospetti.

Si tratta però di Unità nelle quali non è presente la figura del pediatra, assenza questa che il numero uno calabrese della Fimp giustifica facendo riferimento a «una situazione epidemiologica abbastanza tranquilla» e al «ridotto numero dei casi in età pediatrica». In sostanza, «l'assistenza domiciliare - ha spiegato - può essere prestata con una stretta collaborazione tra i medici dell'Usca e il pediatra mediante protocolli di telemedicina che consentano il monitoraggio domiciliare e anche con possibilità di consulto a distanza con altri specialisti».

Luci e ombre però si scontrano perché se è vero che «in età pediatrica le condizioni cliniche, nella maggior parte dei casi, non richiedono ricovero ed è sufficiente una terapia sintomatica», Gurnari torna sull'esiguità dei casi positivi nei bambini aggiungendo: «Anche perché finora non sono stati cercati». Sullo sfondo, in pratica, sembra esserci una sorta di medaglia a due facce che rivendica prudenza senza deroghe e rende ancor più attuale e necessario il protocollo della Fimp.

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