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Coronavirus, a Catanzaro nessun rischio ma Abramo chiede la chiusura delle scuole

Da sinistra Lucio Cosco e Sergio Abramo

Conferenza stampa aperta ai cittadini e stamattina molti catanzaresi, tra cui tanti dirigenti scolastici, non si sono lasciati sfuggire l’occasione di ascoltare dal vivo il primario del reparto di Malattie infettive del Pugliese-Ciaccio, Lucio Cosco, riguardo a come il capoluogo di regione sta affrontando il diffondersi, almeno al Nord, del Coronavirus.

Con lui il sindaco, Sergio Abramo, per illustrare, nella sala concerti di Palazzo de Nobili, le azioni predisposte al fine di contrastare l’eventuale diffusione del Covid-19 nel territorio. Sullo sfondo nessun allarme, bensì la necessità di far sentire ai cittadini la vicinanza delle istituzioni e la loro capacità di prevenzione e intervento.

Monitoraggio costante e collaborazione ai cittadini: questi i cardini di una macchina organizzativa che ieri è sbarcata anche in Regione. E, mai come in questo caso, salute ed economia vanno a braccetto. Ecco perché Abramo chiederà alla neo governatrice di adoperarsi per «ottenere una deroga che consenta alla Calabria l’utilizzo di fondi europei per sostenere un’economia già di per sé in crisi».

Tante le iniziative in cantiere e il sindaco già pensa all’utilizzo del Corpo C del Campus di Germaneto per supportare il reparto di Malattie infettive del Pugliese e poi aeroporti, stazioni e scuole. Nessuna fuga in avanti, ma la volontà di tranquillizzare cittadini preoccupati ammettendo i ritardi, ma anche provando a rilanciare un’azione che coinvolgerà pure la Protezione civile.

Prevenire è stata la parola d’ordine del sindaco convinto com’è che «la Calabria non possa permettersi di correre il rischio di chiudere attività produttive senza prevenire anche a livello economico». Ecco perché il primo cittadino ha chiesto ai catanzaresi che arrivano dal Nord di comunicarlo nell’ottica di un’attenzione alta nonostante il primario Cosco una cosa l’abbia detta da subito: «Casi di Coronavirus in Calabria non ce ne sono».

In ogni caso - ha precisato - «noi siamo pronti». Eppure il problema c’è al punto che il primario ha chiaramente parlato di «situazione ingestibile». Il panico sta dilagando e i telefoni del reparto non smettono di squillare. Paura confermata anche dai dirigenti scolastici che ieri hanno colto l’occasione per chiedere al primario e al sindaco come arginare una tensione che - è inutile negarlo - ora si avverte.

Quel che è certo è che da ieri la macchina organizzativa, fatta anche di incontri, è a pieno regime e il sindaco esclude decisioni in solitaria, ma non chiude totalmente la porta alla chiusura delle scuole. Intanto gli istituti sono aperti e i dirigenti scolastici hanno chiesto di «non essere lasciati soli», di «avere indicazioni precise» e «luoghi certi ai quali rivolgersi».

E poi le gite scolastiche e i programmi di alternanza scuola - lavoro perché, nonostante il blocco dei viaggi di istruzione, gruppi di studenti catanzaresi sono già partiti e al loro rientro i dirigenti scolastici vogliono essere pronti.

La mobilità fa paura e i dirigenti puntano alla «chiusura delle scuole perché casi concreti mettono in luce il rischio che negli istituti circoli anche chi è rientrato dalle zone a rischio». Rifuggono dal timore di ogni responsabilità. La pensa così anche Abramo, a frenare però ci sono gli annullamenti a opera dei prefetti di alcune ordinanze di chiusura emesse dai sindaci.

Il  primo cittadino, però, non molla e ha promesso che riproverà a far passare la linea della chiusura immediata. Del senso civico Catanzaro non si fida. Più cauto il primario del reparto di Malattie infettive del Pugliese consapevole com’è che «i problemi da valutare sono tanti a partire dal reale periodo necessario di quarantena». Sa che «non ci si può fidare dei tamponi negativi» e anche per questo Abramo ha chiesto ai cittadini di «evitare viaggi non urgenti». Il panico, però, era e resta il principale nemico del sistema sanitario.

La mortalità non è elevatissima, eppure Catanzaro è alle prese anche con l’ansia riferita al fatto che i tamponi, pochi, siano stati fatti soltanto ai pazienti sintomatici. Sì, perché dell’incubazione non si può non tener conto e a creare agitazione sembra essere soprattutto questo. C’è chi prova a sminuire e nessuno spinge sull’utilizzo delle mascherine, ma se proprio si sceglie di utilizzarle - ha chiarito il primario Cosco - «si scelgano quelle chirurgiche».

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