
L'ultimo beccato dagli inquirenti, qualche mese fa, era stato un “uomo d'onore” della Piana di Gioia Tauro. Si vantava delle capacità del figlio. Che non era bravo a scuola né primeggiava in uno sport. «Un giorno mi farà le scarpe», diceva piuttosto il papà orgoglioso degli insegnamenti che gli stava dando - ad appena 8 anni - su droga, armi e vendette di 'ndrangheta.
Lezioni di malavita che adesso vengono fuori da un'altra inchiesta della Dda di Reggio, il blitz che all'alba di mercoledì scorso ha portato in carcere capi e gregari della cosca Labate, i cosiddetti “Ti Mangiu”.
L'epoca è il 2013. I Labate, intercettati dagli inquirenti, sembrano preoccupati dalle continue perquisizioni domiciliari. Sarebbero già saltati fuori pizzini e soprattutto agende con cifre e particolari su estorsioni, imprenditori e commercianti taglieggiati. Un indagato, insieme alla moglie, prova quindi a nascondere tutto. E non esita a indottrinare la figlia, allora di appena dieci anni.
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