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Il giogo dei Cordì su Locri, negli appalti la "regola" è quella del 3%

Carabinieri di Locri

«Tu sei attaccato con la sputazza! (...) E tu ora ti appiccico nella serranda, ha capito infame di m...?». La frase minacciosa è tra quelle intercettate nel corso dell’inchiesta “Riscatto”, portata a termine nei giorni scorsi dai carabinieri di Locri.

A parlare sarebbe uno degli indagati che, rivolgendosi a un’altra persona, anche questa indagata, si sarebbe “vantato” di aver affrontato così un commerciante di Locri per chiedergli la “mazzetta”.

Una richiesta di denaro - riporta la Gazzetta del Sud in edicola - che si sarebbe tramutata in un’agevolazione nei pagamenti della merce acquistata. Le continue vessazioni subite avrebbero portato il commerciante di Locri a chiudere la sua attività.

Partendo da questa conversazione, i carabinieri hanno approfondito la vicenda giungendo a individuare il commerciante nell’ex titolare di un bar-caffetteria con annessa vendita di tabacchi di Locri che, come ipotizzato da una serie di elementi acquisiti nel corso dell’indagine, sarebbe stato sottoposto ad estorsione da un soggetto apicale della famiglia Cordì.

Nell’operazione “Riscatto” è emerso che sugli appalti pubblici le ’ndrine pretendevano una tangente del 3% del valore dell’opera in corso di realizzazione. Una “tassa” già emersa nel corso di un’altra recente maxioperazione della Dda reggina, “Morsa sugli appalti pubblici”. A Locri come a Siderno e in altri comuni applicano la medesima imposizione.

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