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Arrestato Domenico Crea, il boss della cosca di Rizziconi: era in fuga da 4 anni

Domenico Crea

La polizia ha arrestato il latitante Domenico Crea, 37 anni, di Cinquefrondi, capo della cosca di Rizziconi e zone limitrofe, collegata e imparentata con la potente famiglia Alvaro di Sinopoli. Era ricercato dal 2015 quando fu emessa una misura cautelare per associazione mafiosa e estorsione dopo la condanna in primo grado a 15 anni di reclusione emessa dal Tribunale di Palmi.

Da allora Crea è stato colpito da numerosi provvedimenti per associazione mafiosa ed estorsione ed è stato condannato in via definitiva a 21 anni di reclusione. Crea, il cui nome era inserito nell'elenco dei latitanti più pericolosi, è stato arrestato da personale della Squadra mobile di Reggio Calabria, supportato da personale del Servizio centrale operativo della Direzione centrale anticrimine e della Squadra mobile di Vibo Valentia. L'uomo è stato arrestato a Santa Domenica di Ricadi (Vibo Valentia).

Non si nascondeva in un bunker, nascosto tra la fitta vegetazione dell'Aspromonte, ma in una confortevole villa affacciata sul mare della Costa degli dei. È qui che stamani, alle 5.30, lo hanno catturato gli uomini della Squadra mobile di Reggio Calabria e dello Sco, in collaborazione con personale di Vibo Valentia. "È stata un'indagine classica, senza sbavature" ha affermato il questore di Reggio Calabria Maurizio Vallone, che ha incontrato i giornalisti insieme al procuratore capo della Dda reggina Giovanni Bombardieri, al procuratore aggiunto Gaetano Paci, al capo della Squadra mobile Francesco Rattà, e a Marco Garofalo dello Sco. "Sono stati tre anni di sacrifici - ha aggiunto il Questore - di dedizione, con momenti di sconforto e di esaltazione investigativa. Le ricerche dei latitanti sono così, durano tantissimo tempo durante il quale si raccolgono le molliche di Pollicino per fare un passo avanti".

"Crea - ha sottolineato Bombardieri - rappresenta un cosca che ha fatto il bello ed il cattivo tempo a Rizziconi. Oggi questo risultato premia la popolazione di quell'area, che si è liberata da chi spadroneggiava sul territorio e non consentiva nessuna libertà, né di movimento, né nello svolgimento di attività economiche". "Con questa cattura - ha detto Paci - crolla irrimediabilmente il mito della invincibilità che la cosca Crea aveva costruito attorno a sé diffondendo, sulla base di questo mito, una condizione di intimidazione, di permanente assoggettamento del territorio. È ovvio che la fine di una latitanza segna non la fine delle attività di indagine, ma noi auguriamo l'inizio di una stagione di definitiva chiusura dei 'conti' di questa agguerritissima e potente cosca, per gli efferati episodi di cui si è macchiata, con l'ordinamento e lo Stato Italiano".

"Crea, a differenza di quanto aveva fatto il fratello Giuseppe - ha sostenuto Rattà - viveva in una villa molto confortevole, con affaccio sul mare. Pur nella diversità c'è un unico filo conduttore, quella di poter esercitare il controllo diretto del suo territorio, pur da una condizione di latitanza. Una latitanza, così come era avvenuto con il padre Teodoro, boss della cosca e il fratello Giuseppe, esibita come prestigio criminale, brandito come elemento per incutere timore alla comunità, fin quando la forza di Polizia non interviene, come è successo a noi questa mattina, ponendo termine al suo stato di latitanza e assicurandolo alla giustizia".

L'indagine per la sua cattura è stata avviata dalla Squadra mobile oltre tre anni fa con la collaborazione dello Sco e sotto la direzione della Dda reggina ed è stata intensificata dopo la cattura del fratello di Domenico, Giuseppe, avvenuta ad opera della "Mobile" il 29 gennaio 2016. Dopo quell'arresto, secondo gli investigatori, Domenico Crea è diventato il capo indiscusso della cosca di Rizziconi. Ieri sera, al termine di servizi di osservazione supportati da strumentazione tecnologica, gli investigatori hanno avuto la certezza della presenza del latitante in una villetta a Santa Domenica dove stamani è stato arrestato. Crea era in compagnia della moglie e delle due figlie minori ed è stato trovato in possesso di 5.000 euro in contanti.

Al vaglio degli inquirenti la posizione di due coniugi proprietari dell'immobile messo a disposizione della famiglia del latitante.

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