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Allevatori scomparsi a Petilia, restano in carcere i 2 accusati ma il gip non convalida il fermo

Nella foto grande l'auto dei Manfredi. Sopra Pietro Lavigna, sotto Salvatore Emanuele Buonvicino

Restano in carcere il 50enne di Mesoraca Pietro Lavigna e il 20enne di Petilia Policastro Salvatore Emanuel Buonvicino, fermati sabato scorso dai carabinieri ed accusati (insieme a Pasquale Buonvicino, che è irreperibile) del duplice omicidio e dell'occultamento dei cadaveri di Rosario e Salvatore Manfreda, padre e figlio di 68 e 35 anni, scomparsi da Petilia Policastro il giorno di Pasqua.

Il giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Crotone Michele Ciociola pur non convalidando il fermo disposto dal sostituto procuratore Alessandro Rho, ha emesso un'ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti dei due considerati responsabili della scomparsa e della morte degli allevatori. Il terzo indagato, Pasquale Buonvicino, padre di Salvatore Emanuel, come è noto è tutt'ora ricercato; i Carabinieri ritengono possa trovarsi in Svizzera.

Secondo le accuse i tre avrebbero agito per vecchie ruggini legate allo sconfinamento di alcuni capi di bestiame e all'eredità di un appezzamento di terreno; avrebbero, dunque, ucciso padre e figlio nel loro podere e poi ne avrebbero occultato i cadaveri, che non sono ancora stati ritrovati.

Pietro Lavigna - assistito dagli avvocati Sergio Rotundo e Stefano Vona ­ - sentito ieri mattina dal gip ha respinto tutte le accuse contestategli. Ha scelto di non rispondere, invece, il 20enne Salvatore Buonvicino, di Petilia Policastro, assistito dagli avvocati Francesca Buonopane e Rocco Corda.

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