«Franco: Pronto; Santo: Olà. Come stai?; Franco: Io bene, mi senti; Santo: Ah?; Santo: Sto bene; Franco: Mi senti?; Santo: Si, ti stavo sentendo».
È il 10 luglio del 2011 quando i carabinieri del Ros registrano questa telefonata che parte da un'utenza localizzata ad Ardore che si collega con un'utenza telefonica colombiana. La telefonata è confluita nella recente indagine “Edera” coordinata dalla Dda di Reggio Calabria dove per gli inquirenti l'ardorese Paolo Franco, uno degli indagati in “Edera”, chiama all'estero un interlocutore successivamente «identificato dalla voce e dai dati forniti nella telefonata (il nome “Santo”, la famiglia sia in Colombia che in Italia) nell'allora latitante calabrese Santo Scipione, nato a San Luca nel 1933, emigrato in Colombia». Anche Santo Scipione è fra gli indagati dell'inchiesta “Edera” ed già stato indagato e intercettato sia dal II Reparto del Ros sia dalla Sezione Anticrimine di Catanzaro nell'ambito dell'inchiesta “Decollo”.
Per gli investigatori, scrive la Gazzetta del Sud in edicola, la telefonata del luglio 2011 assume una rilevanza particolare perché «oltre all'identificazione e localizzazione di Scipione poiché latitante, era legata al ruolo di tale soggetto in Sudamerica, quello di importante intermediario nel traffico di cocaina dai paesi produttori alla Calabria».
«In merito alla figura di Paolo Franco - annota il gip reggino - oltre quanto detto, depongono le dichiarazione del collaboratore di giustizia Giuseppe Coco, che nei verbali dell'11.12.2013 e del 22.05.2014, identificava lo stesso come il pescatore di Ardore che l'11.09.1999 aveva condotto un peschereccio a largo della Sicilia, in acque internazionali, recuperando in mare 1500 kg di coca poi scaricati a Siderno per conto di Natale Scali (personaggio centrale dell'indagine “Decollo” processato con Santo Scipione)».
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