Le associazioni venatorie (Federcaccia, Anlc, Enalcaccia, Arcicaccia, Anuu Migratoristi, Italcaccia ed Eps) riunite nel coordinamento regionale, auspicano una nuova e costruttiva stagione di collaborazione con le parti interessate alle problematiche della fauna, del territorio e dell'ambiente, con un invito particolare alle organizzazioni agricole. «Il quadro in cui ci troviamo ad operare non è dei migliori - affermano i cacciatori sulla Gazzetta del Sud in edicola -. Se da un lato l'evoluzione delle tecniche colturali da alcuni decenni pone a rischio le specie più esigenti dal punto di vista ecologico (starna, coturnice, quaglia, tortora...), dall'altro diffuse situazioni di abbandono dei terreni agricoli accompagnate da una perdita di diversità nelle coltivazioni, hanno avvantaggiato specie generaliste come i corvidi e la volpe, cui si aggiungono gli ungulati selvatici e il lupo. Anche la presenza incontrollata di bestiame allo stato brado, che in qualche caso sfugge ai controlli sanitari di legge, può rappresentare un pericolo di focolai di importanti patologie, tra cui la TBC e/o la temutissima Peste Suina Africana». In questo contesto si colloca il “problema cinghiale”. È evidente che in passato, gli attori preposti alla gestione della fauna selvatica e del territorio hanno commesso errori, ma adesso è il momento in cui anche il mondo agricolo abbia contezza delle problematiche, contribuendo a promuovere concrete politiche gestionali, consapevoli che le scelte assunte avranno una rilevanza di primo piano e di grande responsabilità, occupando una posizione di preminente interesse anche per quello venatorio.