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Peculato, indagati i vertici di Vibo Sviluppo

Il tribunale di Vibo Valentia

"Per la prima volta nella mia vita ricevo un avviso di garanzia e ritengo che la Procura abbia fatto bene consentendomi così di chiarire l'intera vicenda". Pietro Giamborino, 62 anni di Vibo, ex consigliere regionale e dal 2016 amministratore delegato della società Vibo Sviluppo, anticipa tutti. Da pochi minuti si è presentato dimissionario all'assemblea generale dei soci ma non solo per l'avviso di conclusione indagini ricevuto bensì perché, alla scadenza del mandato, ritiene sia cambiato il quadro di riferimento istituzionale che aveva portato alla sua elezione.

In qualità di amministratore delegato di Vibo Sviluppo - la società a capitale misto, prevalentemente pubblico, che gestisce e ha gestito in passato il Patto territoriale vibonese e quello generalista - Giamborino è indagato per peculato. Con lui - anche se sul punto l'ex consigliere regionale preferisce glissare trincerandosi dietro  "non ne sono a conoscenza" - a ricevere l'avviso di conclusioni indagini anche Pasquale Barbuto, 58 anni di Vibo, presidente del consiglio d'amministrazione della società e Maria Angela De Grano, 49 anni di Vibo, amministratore delegato dal marzo 2012 al 30 aprile 2016. Anche nei loro confronti il reato ipotizzato è peculato in concorso.

La vicenda per la quale i tre componenti del cda di Vibo Sviluppo sono indagati è relativa ai fondi - complessivamente 8 milioni di euro la buona parte dei quali destinati  realizzazione delle opere infrastrutturali -  impegnati dal ministero dello Sviluppo Economico in favore di Vibo Sviluppo nel settembre del 2011 e in seguito liquidati. A distanza di qualche anno però veniva disposta la revoca parziale del finanziamento per la parte relativa alle spese generali (poco più di un milione e mezzo). Quota quest'ultima che per gli inquirenti sarebbe stata indebitamente ritenuta dalla società nonostante il provvedimento in autotutela e le successive pronunce degli organi della giustizia amministrativa (Tar Catanzaro e Consiglio di Stato).

Giamborino,  che si è insediato in qualità di amministratore delegato quando era in corso il procedimento amministrativo davanti al Tar, ritiene che le indagini contribuiranno a fare definitivamente luce sulla vicenda. "Il fatto non è avere o meno  fiducia nella magistratura - sottolinea - perché per quanto mi riguarda ritengo che la Procura abbia fatto proprio bene a gettare un fascio di luce sulla controversa vicenda, così finalmente avrò la possibilità, con documenti alla mano, di agevolare le indagini che metteranno in luce non soltanto la buona prassi amministrativa seguita, ma anche e soprattutto la mia assoluta trasparenza".

Al tempo stesso l'ex consigliere regionale non manca di rilevare che in questi  anni nella Vibo Sviluppo "non solo come cda non abbiamo preso soldi seguendo nostri interessi, ma non ci siamo pagati neanche gli stipendi. Le uniche uscite sono quelle relative alle spese del personale, regolarmente rendicontate, per il resto è tutto in banca e al ministero sono stati versati anche gli interessi maturati pari a 250mila euro". Relativamente alla mancata restituzione Giamborino commenta: "Se avessimo restituito i fondi avremmo dovuto chiudere venendo così meno alla nostra mission in quanto il territorio vibonese avrebbe perso 6 milioni di euro".

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