Le mani della 'ndrangheta in Valle d'Aosta, il procuratore: significativi rapporti col mondo politico
L'inchiesta sul sodalizio della 'ndrangheta in Valle d'Aosta ha fatto emergere come siano consistenti i rapporti fra criminalità e politica. "E' la prima volta che si sono raccolti elementi così consistenti e robusti in merito alla presenza di un locale di ndrangheta in Valle d'Aosta", ha affermato il procuratore generale del Piemonte e della Valle d'Aosta, Francesco Saluzzo, illustrando l'operazione Geenna. "Il lavoro - ricorda Saluzzo - è cominciato con il processo Minotauro", sulle infiltrazioni della 'ndrangheta nel Nord Ovest, che "ha gemmato una serie di operazioni condotte dall'Arma dei Carabinieri sugli insediamenti di 'ndrangheta in varie zone". In questa vicenda, conclude, "abbiamo fatto un passo ulteriore perché si è aperto un fronte su un territorio finora rimasto abbastanza inesplorato". "Sono nomi di famiglie che conosciamo da sempre, alla seconda o alla terza generazione. Le conosciamo dai primi anni Ottanta. La mafia si è affinata, sa entrare in modo più raffinato nel tessuto sociale, economico e politico, ma si è affinata anche la legislazione italiana". Così il procuratore vicario di Torino, Paolo Borgna. Le indagini, ha ricordato il magistrato, sono cominciate nel 2014 e per affrontarle i sostituti procuratori della Direzione distrettuale antimafia di Torino, Stefano Castellani e Valerio Longi, hanno studiato gli atti di alcune inchieste degli anni Duemila. "Esistevano soggetti che avevano ipotizzato una modalità organizzativa concretizzata nella locale di Aosta - ha spiegato la coordinatrice della Dda, Annamaria Loreto -. Vantavano rapporti significativi con esponenti del mondo politico che devono in parte la loro elezione al contributo della locale e che, in cambio, erano disponibili a dare all'organizzazione tutti i vantaggi derivanti dall'attività amministrativa: lavori pubblici, concessioni, appalti". Secondo la procura "si vede oggi attuato quel programma di allora".