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Lucano, resta l'obbligo di dimora: "Mi dispiace ma non ho rancore"

Mimmo Lucano

«Sono rimasto male ma non serbo rancore verso alcuno. Certo quello che sta accadendo in Italia è paradossale: io vengo tenuto lontano dal mio paese e vivo nella sofferenza per l’accusa di avere favorito l’immigrazione clandestina, mentre è tutto normale per chi governa e lascia morire in mare, come è avvenuto in questi giorni, tante persone tra cui anche un bambino di pochi mesi». Lo ha detto Domenico Lucano, sindaco sospeso di Riace, commentando la decisione del gip di Locri che ha confermato a suo carico il divieto di dimora.

«Se c'è da individuare delle responsabilità - ha aggiunto Lucano - bisogna guardare alle ingiustizie del mondo. È necessario capire perché, se per guerre, miseria, povertà, le persone intraprendono questi viaggi. C'è una deriva di umanità e davanti a questo ha davvero poco senso il dibattito politico. La gravità della situazione non ammette silenzi. Spero solo in una ribellione delle coscienze».

Mimmo Lucano, artefice del modello di accoglienza e integrazione dei migranti che ha preso il nome dal piccolo Comune della Locride, è sospeso dalla carica di sindaco dal 16 ottobre del 2018 e da quella data non può tornare a Riace.

In precedenza, nell’ambito dell’inchiesta «Xenia», sulla gestione dei progetti di accoglienza, coordinata dalla procura della Repubblica di Locri, nei suoi confronti era stata applicata la misura degli arresti domiciliari poi modificata in divieto di dimora dal tribunale del Riesame di Reggio Calabria. Attualmente Lucano risiede a Caulonia marina a pochi chilometri di distanza da Riace.

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