Restano in carcere le venti persone che giovedì scorso sono finite al centro dell’operazione “Tisifone”. Ieri i giudici delle indagini preliminari del Tribunale di Crotone, Michele Ciociola e Romina Rizzo, hanno convalidato i fermi disposti dai magistrati della Procura antimafia di Catanzaro, Domenico Guarascio e Paolo Sirleo, a carico dei vecchi e nuovi affiliati alle cosche di Isola di Capo Rizzuto ma anche nei confronti degli esponenti delle ’ndrine di Papanice e Petilia Policastro.
Per tutti gli indagati i giudici hanno contestualmente disposto la custodia cautelare in carcere e, dichiarando la propria incompetenza funzionale, hanno trasferito gli atti al giudice delle indagini preliminari distrettuale. Il quale avrà venti giorni di tempo per decidere se reiterare o meno le misure restrittive.
Sono invece al vaglio del gip di Taranto le posizioni di Antonio Manfredi (19 anni) e Alessandro Giardino (20) perché fermati in Puglia. Mentre continua a rimanere latitante Antonio Nicoscia (41) che l’altro giorno è riuscito a sfuggire al blitz.
I provvedimenti detentivi sono stati emessi nei confronti di Salvatore Arena (27 anni); Gianfraco Calabretta (31); Antonio Capicchiano (41); Orlando Capicchiano (25); Salvatore Capicchiano (43); Antonio Gentile (50); Giuseppe Gentile (44); Antonio Lentini (19); Francesco Macrillò (25); Luigi Manfredi (21); Giovanni Muccari (30); Antonio Nicoscia (31); Santo Claudio Papaleo (30); Carmine Serapide (31); Antonio Sestito (40); Cesare Carvelli (33); Rosario Curcio (58); Tommasino Ierardi (41); Rocco Devona (34); e Seyum Brook Asrat (31).
A tutti gli indagati vengono contestate accuse che vanno dall’associazione per delinquere di stampo mafioso al possesso di armi; dal tentato omicidio alla rapina fino ad arrivare alla illecita concorrenza con minaccia.
Dopo essere stata decapitata dall’inchiesta “Jonny” la ’ndrangheta isolitana era riuscita a riorganizzarsi. Il potere era infatti passato nelle mani delle nuove generazioni. Tant’è che erano i figli, con i padri dietro le sbarre, ad imporre il pizzo alle attività commerciali, gestendo lo spaccio ed i proventi derivanti dal gioco on-line. Dall’inchiesta condotta dalla Squadra Mobile di Crotone emerge che saltata la “pax mafiosa” che era stata sancita nel 2006 con i lucrosi introiti che garantiva il Centro di accoglienza per richiedenti asilo di Sant’Anna, le cosche di Isola di Capo Rizzuto erano tornate a farsi la guerra per il controllo del territorio. Una recrudescenza che si sarebbe dovuta concretizzare già durante le festività natalizie con degli omicidi eccellenti. Gli attriti erano sorti tra il clan dei Capicchiano (capeggiato da Salvatore Capicchiano) che si contrapponeva alle famiglie dei Nicoscia-Arena-Gentile federate tra loro con tanto di battesimi e rituali ’ndrangheistici, affiancate dai Megna di Papanice (frazione di Crotone) e dai clan di Petilia Policastro. Ma non solo. Anche il giro di soldi che ruotava attorno al business delle slot machine era diventato motivo di scontro tra le cosche.
I fascicoli passano ora al gip distrettuale che dovrà reiterare le misure.
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