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Riace, Lucano davanti al gip di Locri: "Non ho mai guadagnato, né preso soldi"

Lucano in tribunale con i suoi avvocati

«Non ho nulla da nascondere. Non ho mai guadagnato, né preso soldi da alcuno. A chi voleva darmeli ho sempre detto di devolverli in beneficenza». Domenico Lucano, sindaco di Riace, ai domiciliari da martedì scorso con l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e illeciti nell’affidamento diretto dei servizi di raccolta e smaltimento dei rifiuti, non si è tirato indietro, prima e dopo l’interrogatorio di garanzia, davanti alle domande dei giornalisti che l’attendevano davanti al Palazzo di giustizia di Locri.

E’ durato circa quattro ore l’interrogatorio di Lucano davanti al Gip, Domenico Di Croce, nel corso del quale il sindaco di Riace, apparso combattivo e disponibile come sempre, è stato assistito dai suoi legali di fiducia Antonio Mazzone e Andrea Daqua. Ed in serata é arrivata la proposta di Rifondazione comunista di candidarlo alla presidenza della Regione Calabria nelle elezioni del prossimo anno. «Sarebbe il miglior segnale - ha sostenuto il segretario regionale del partito, Pino Scarpelli - di quel cambiamento netto e radicale di cui la Regione Calabria ha bisogno». Lucano, nel corso dell’interrogatorio, si é difeso a spada tratta.

«A Riace - ha detto - sono stati usati soldi pubblici solo per progetti relativi ai migranti e per alleviare sofferenze, opportunità di lavoro e di integrazione o dare una vita migliore a perseguitati o richiedenti asilo. Ho deciso di affidare il servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti a due cooperative per liberare le strade di Riace dall’immondizia e, soprattutto, per non fare cadere il servizio nelle mani delle ecomafie. Posso affermare di avere preso quella decisione in tutta tranquillità e serenità, a differenza di quanto invece succede in altri comuni».

Uno sfogo in piena regola, quello di Mimmo «il Curdo», come veniva chiamato Lucano dai concittadini dopo che, oltre vent'anni addietro, l’esperienza dell’accoglienza diventata poi il «modello Riace» prese avvio proprio dopo l’approdo di una nave con a bordo decine di profughi che fuggivano dalla guerra e dalle privazioni. «Sono stato arrestato - ha sostenuto ancora - per un reato di umanità. La Costituzione italiana la rispetto più io di quanti si nascondono nelle regole. E la prima regola, quella che nasce dalla Resistenza, è di avere rispetto per gli esseri umani. Che non hanno colore della pelle e nazionalità. Siamo tutti fatti allo stesso modo. Non c'é alcuna differenza».

Non si arresta, intanto, il fiume di solidarietà da tutto il Paese nei confronti dell’uomo simbolo dell’esperienza di accoglienza di Riace, inserito nel 2016 dalla rivista americana Fortune tra le 50 personalità più influenti del pianeta. Una mobilitazione civile che sfocerà, sabato, in una grande manifestazione: in tanti si stanno organizzando per partecipare. Da diverse città partiranno pure dei pullman. Anche il vescovo di Locri, mons. Francesco Oliva, è intervenuto sull'arresto di Lucano, parlando di «vicenda che ci addolora perché riguarda una persona che ha fatto dell’accoglienza dei migranti la sua ragione di vita. Sono certo - ha aggiunto mons. Oliva - che la magistratura saprà fare luce sui fatti contestati in modo che la verità possa prevalere».

Non è mancata inoltre la solidarietà dei sindaci che con Lucano hanno condiviso il dovere e la responsabilità di agire in materia di accoglienza. A Cerveteri, il primo cittadino Alessio Pascucci, coordinatore nazionale di «Italia in Comune», è arrivato ad autodenunciarsi. «Se serve la disobbedienza civile di un sindaco per mettere in pratica la solidarietà e l'accoglienza - ha detto Pascucci - ci dichiariamo, io per primo, tutti colpevoli e complici. E invito tutti i primi cittadini impegnati in difesa dei valori della Costituzione italiana a seguire questa strada».

 

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