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Processo «'ndrangheta stragista», un collaboratore: "Falsi pentiti per screditarci"

Tribunale di Reggio Calabria

Il collaboratore di giustizia Gaetano Albanese, uno dei più importanti della 'ndrangheta, ha testimoniato oggi nel processo denominato «'ndrangheta stragista» in cui sono imputati il presunto boss della 'ndrangheta Rocco Santo Filippone, fedelissimo dei Piromalli, e Giuseppe Graviano, esponente di Cosa nostra.

I due sono accusati di essere i mandanti degli attentati a pattuglie dei carabinieri compiuti in Calabria tre il '93 ed il '94 e che, secondo l’accusa, rientravano nel piano eversivo di attacco allo Stato organizzato da Totò Riina.

Albanese, rispondendo alle domande del procuratore aggiunto della Dda Giuseppe Lombardo, ha delineato i rapporti criminali tra i Piromalli-Molè di Gioia Tauro e i Mancuso di Limbadi (Vibo Valentia), raccontando persino di essere stato raggiunto dai Mancuso durante il periodo di protezione in una località segreta e «invitato» a ritrattare.

«Sono stato minacciato dai limbadesi - ha detto Albanese - perché dovevo testimoniare nel processo 'Genesi' in cui erano imputati molti di loro. Denunciai la cosa ma nessuno se ne prese cura».

Il collaboratore, inoltre, ha riferito che fra le strategie della 'ndrangheta rientrava anche la creazione di falsi pentiti a cui imporre false dichiarazioni. Così le cosche tentarono di screditare il collaboratore Annunziato Raso, uno dei killer più spietati a disposizione dei Piromalli. «Un’operazione - ha detto Albanese - che all’inizio ebbe qualche successo, ma poi, come nel mio caso, si iniziò a dire le cose come stavano».

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