Questo sito contribuisce all’audience di Quotidiano Nazionale

Lo strapotere dei Piromalli e la fortuna dei fratelli Pisano

Lo strapotere dei Piromalli e la fortuna dei fratelli Pisano

Lo strapotere dei Piromalli e la fortuna dei Pisano, gli imprenditori che da carpentieri avevano scalato le gerarchie del business dei rifiuti godendo del rapporto privilegiato con i padrini di Gioia Tauro. Che la dinastia dei Piromalli occupasse i vertici della cupola provinciale della ’ndrangheta reggina emerge a chiare note anche dalle carte dell’indagine “Metauros”, il provvedimento di fermo a firma del procuratore Federico Cafiero de Raho, del procuratore aggiunto Gaetano Paci e dei sostituti Antonio De Bernardo e Giulia Pantano, con cui sono state arrestate giovedì mattina sette persone accusate, con diversi profili di responsabilità, di aver messo le mani sul termovalorizzatore di Gioia Tauro e sulla Iam, la società che si occupa della depurazione delle acque dell’intera Piana con un bacino da 150 mila abitanti.

«Il controllo asfittico dei Piromalli del territorio di Gioia Tauro» l’hanno definito gli inquirenti in un passaggio del fermo approfondendo, ed elencando, «gli interessi economici dei Piromalli nel termovalorizzatore, attraverso il legame coi Pisano, in ordine alle assunzioni pilotate e ai collegamenti con la politica».

Un dato - «che Gioia Tauro sia purtroppo terra di ’ndrangheta ricadente sotto la “giurisdizione mafiosa” della terribile cosca Piromalli - che emerge plasticamente dai contenuti di un’intercettazione ambientale captata dalla Squadra Mobile di Brescia, il 6 luglio 2012, quando due calabresi sospettati di esportare le dinamiche delle cosche calabresi in Lombardia strozzando con prestiti ad usura gli imprenditore, viaggiando a bordo dei una “Jaguar”, rivelano che «prima di fare qualcosa a Gioia devono passare tutti per forza dai fratelli Piromalli». Tutti, sempre, e per qualsiasi affare.

Loro potenti, i Pisano addirittura infiltrati e fortunati. Sono proprio i fratelli imprenditori a carpire un’indagine in corso nei loro confronti, grazie a un errore degli inquirenti, che inviano un fax relativo ad un decreto di proroga dell’intercettazione telefonica «disposta sull’utenza fissa della ditta "Sea Works" di Pisano Paolo alla stessa ditta anziché al gestore di telefonia Telecom di Milano». Era l’11 marzo 2013, da quel giorno scattano le precauzioni del gruppo Pisano, certi di essere nel mirino della Dda di Reggio: «Con la conseguenza immediata dello scarso utilizzo da parte di Pisano Giuseppe della sua utenza cellulare (fino a quel momento monitorata con esito positivo per le investigazioni) e l’utilizzo di altra sim-card, intestata alla fidanzata Coco Ilenia, ufficiale di polizia giudiziaria già in servizio presso il Commissariato di Polizia di Gioia Tauro e a quel tempo componente della sezione di polizia giudiziaria presso la Procura di Palmi, che gliela procurò con la chiara finalità di elusione delle indagini in corso». Accortezze, spregiudicate manovre (tra cui l’accesso alla banca dati interforze degli organi di polizia per ricavare informazioni a carico degli amici del clan) e arroganti imposizioni estorsive per cui cono stati arrestati.

Interrogatori

Sono rimasti tutti in silenzio. A Reggio, davanti al Gip Olga Tarsia, si sono avvalsi della facoltà di non rispondere l’ex sindaco di Villa San Giovanni, Rocco La Valle (difeso dagli avvocati Stefano Priolo e Rosario Infantino) e l’imprenditore Francesco Barreca (difeso dall’avvocato Marco Gemelli). Stessa strategia difensiva adottata a Palmi da Gioacchino Piromalli “l’avvocato” (difeso dagli avvocati Domenico Infantino e Francesco Nizzari. Ed ancora in silenzio gli indagati Paolo Pisano (difeso dagli avvocati Michele Gullo e Maria Romeo), Domenico Pisano (difeso dagli avvocati Anselmo Scappatura e Luigi La Capria) e l’avvocato Giuseppe Luppino, ex presidente di “Piana Ambiente”. Gli interrogatori sono stati effettuati dal Gip di Palmi, Barbara Borreli. (ivan pugliese)

Caricamento commenti

Commenta la notizia