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Preso il killer
di Fortunata Fortugno

Preso il killer di Fortunata Fortugno

Hanno esplorato tutte le piste, inclusa quella passionale, poi hanno decisamente imboccato la pista della ’ndrangheta. E dopo poco più di tre mesi, gli investigatori della Polizia hanno risolto il caso dell’omicidio di Fortunata Fortugno, la quarantottenne uccisa la notte dello scorso 16 marzo mentre era appartata nell’automobile con Demetrio Logiudice – vero obiettivo del killer – in un posto isolato accanto al torrente Gallico.

Cerchio chiuso

«Grazie a svariate intercettazioni ambientali abbiamo raccolto indizi gravi, precisi e concordanti», ha detto il capo della Squadra Mobile Francesco Rattà e il cerchio si è chiuso attorno a Paolo Chindemi, 28 anni, che viene ritenuto dai magistrati antimafia della Dda Walter Ignazitto e Diego Capece Minutolo il killer che ha ucciso l’incolpevole Fortunata Fortugno e ferito alla spalla Demetrio Logiudice, il boss noto come “Mimmo u boi”. Ma dalle indagini della Polizia è emerso altro: cercando di fare luce sull’omicidio la Squadra Mobile si è imbattuta nell’esistenza di un emergente gruppo ’ndranghetista composto dallo stesso Paolo Chindemi e da Mario Chindemi, 50 anni; Santo Pellegrino, 32 anni ed Ettore Corrado Bilardi detto “Pietro”, 66 anni. Tutti fermati, perché ritenuti «pericolosi e pronti a sparare ancora», ha commentato il procuratore Giovanni Bombardieri. Le indagini, infatti, hanno consentito di far luce anche su un atto intimidatorio posto in essere dal gruppo Chindemi, lo scorso 23 maggio, mediante l’esplosione di alcuni colpi di fucile contro le serrande di due garage di un condominio di cinque piani a Gallico. «Ai danni di un amministratore», è stato specificato.

L’espansione

Le conversazioni captate nel corso delle articolate attività tecniche hanno dimostrato che lo scopo fondamentale della consorteria Chindemi era quello di affermare la propria leadership criminale, conquistando spazi sempre più ampi nel territorio di Gallico, anche con l’uso delle armi, pianificando azioni volte ad assumere il controllo delle attività estorsive in danno di imprenditori e commercianti del luogo e ad eliminare esponenti delle fazioni contrapposte.

A volte ritornano

Nel gruppo Chindemi c’è un pregiudicato di elevato spessore criminale quale Ettore Corrado Bilardi, 66 anni e già condannato a lunghi anni di reclusione per omicidio. Si tratta del genero del boss storico della ’ndrangheta di Reggio Calabria don Mico Tripodo, assassinato nel 1977 all’interno del carcere di Poggioreale su mandato dei De Stefano, nonché cognato di Venanzio Tripodo, genero di Sebastiano Romeo, patriarca dello storico e famigerato clan di ‘ndrangheta di San Luca intesa “I Stacchi”. Il ruolo di Bilardi sarebbe quello del tessitore: avrebbe intessuto relazioni per conto dei Chindemi con esponenti di “affermate” cosche della ’ndrangheta.

Le indagini

Tornando all’omicidio, va sottolineato lo sforzo ponderoso fatto dalla Polizia che in assenza di testimoni (il ferito Logiudice non fornì alcun aiuto), ha acquisito tutte le immagini riprese da circa 70 impianti di video sorveglianza pubblica e privata presenti nei luoghi prossimi e meno prossimi a quello in cui era stato perpetrato l’efferato delitto. Spiega Rattà: «È seguita un’accurata analisi dell’impressionante mole di immagini acquisite nei giorni immediatamente successivi al duplice delitto dagli impianti di video sorveglianza per un totale di centinaia di ore di filmati passati letteralmente sotto lente dagli inquirenti». Poi ci sono stati i riscontri ottenuti dai servizi di osservazione e controllo del territorio, che hanno consentito agli investigatori non solo di ricostruire le fasi dell’incontro delle vittime, ma anche di individuare in un’Audi A3 Sportback, in uso esclusivo a Paolo Chindemi, l’autovettura utilizzata dal killer la sera del 16 marzo per compiere prima il sopralluogo e subito dopo l’agguato in cui Fortunata Fortugno fu colpita a morte e Demetrio Logiudice fu gravemente ferito. Nello specifico, gli esiti della disamina certosina delle immagini estrapolate dai sistemi di videosorveglianza, permettevano di ricostruire i movimenti dell’autovettura delle vittime e di quella del killer: la fase dell’appuntamento dei due amanti, il sopralluogo, l’agguato e la fuga dell’attentatore, nonché la corsa verso l’ospedale di Logiudice ferito a bordo della macchina con la donna esanime.

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