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Dietro la “Falange armata” l’intesa ’ndrangheta-mafia

Dietro la “Falange armata” l’intesa ’ndrangheta-mafia

La “Falange armata” è il denominatore comune che unisce la stagione stragista che insanguinò l’Italia e gli attentati ai Carabinieri che in quegli stessi anni – 1993 e 1994 – si consumarono sulle strade reggine. Un’unica regia, quella di Cosa Nostra e ’ndrangheta, per realizzare un’unica strategia: mettere in ginocchio lo Stato.

Ieri mattina davanti alla Corte d’Assise di Reggio Calabria (presidente Ornella Pastore), dove sono imputati Rocco Santo Filippone e Giuseppe Graviano quali mandanti degli agguati ai militari dell’Arma, hanno testimoniato due dirigenti del servizio centrale antiterrorismo, i quali hanno illustrato le indagini che hanno svolto su delega della Dda di Reggio Calabria, proprio sulla “Falange armata” e i suoi contatti con quanto successo in Calabria.

I due poliziotti dell’antiterrorismo hanno riferito di tre episodi (due telefonate e un biglietto) che metterebbero in relazione gli attentati ai carabinieri e la Falange armata. Dalla deposizione dei dirigenti della Polizia emerge il numero di “episodi” a firma “Falange armata” e si scopre che iniziano nel 1990 con 28 e si tocca il top nel 1993 con 437, poi nel 1994 si scende a 291 con una continua flessione fino al 2000, anno in cui la Falange scomparì definitivamente dalle tipologie di rivendicazioni. «C’erano comunicati contro personale carcerario, forze dell’ordine, magistrati, ma anche giornalisti particolarmente intraprendenti, personalità politiche e alte cariche dello Stato come il presidente della Repubblica», hanno riferito. Ma un dato balza all’occhio: proprio nel periodo delle stragi continentali, il numero di rivendicazioni della Falange Armata ha una decisa impennata.

Dalle parole degli investigatori è emerso pure che “Falange armata” non è una semplice una sigla terroristica. Anzi sembra «costruita in laboratorio» e la sua genesi – con l’omicidio Mormile avvenuto a Milano – ha un “sapore” fortemente calabrese. Una matrice di ’ndrangheta. E la stessa sigla sarà poi usata per rivendicare le stragi mafiose del 1993, come via Palestro, via dei Georgofili e altri episodi. Dunque comincia a prendere forma il teorema della Dda reggina dell’esistenza di un disegno unitario voluto da Cosa nostra e ’ndrangheta nel quale rientrarono gli attentati ai carabinieri Fava e Garofalo, nonché gli ulteriori agguati che ferirono altri militari dell’Arma.

Sono stati ricostruiti dai testimoni anche quelli che furono i contatti telefonici fra i condannati nel processo per le stragi, tenutosi a Firenze (i boss di primo piano di Cosa nostra come Riina, Provenzano, Graviano...), con numeri di telefono fissi e cellulari, in Calabria. Innumerevoli contatti, soprattutto con le utenze fisse, proprio nel periodo in cui furono compiuti gli attentati nel Reggino.

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