Un piano straordinario per superare l’emergenza idrica che attanaglia l’intero territorio calabrese, a partire dalle città principali. È la proposta comune che un fronte unitario dei sindaci dei maggiori centri ha lanciato ieri da Catanzaro, dove è in atto una grave crisi idrica causata dalla rottura della condotta di approvvigionamento gestita dalla Sorical (la società, in liquidazione, che si occupa delle risorse idriche regionali), e che da tempo convive con questo problema.
Il primo cittadino del capoluogo di regione Sergio Abramo, promotore dell’iniziativa, ha avuto al fianco i colleghi di Cosenza Mario Occhiuto, di Vibo Aldo Costa, di Pizzo Gianluca Callipo (presidente calabrese dell’associazione dei Comuni), il presidente del consiglio comunale Marco Polimeni e altri amministratori del Catanzarese (Simeri Crichi, Soveria Simeri, Magisano), dopo aver avuto contatti telefonici con Giuseppe Falcomatà (Reggio) e Marcello Manna (Rende), assenti per impegni istituzionali. L’idea del fronte unitario per sollecitare la Regione - con la quale i primi cittadini affermano di non voler andare allo scontro frontale ma di avviare una collaborazione costruttiva - è nata dalla constatazione che è l’intera Calabria a patire la “sete”, a dispetto di una ricchezza di acqua tale non solo da non farla mai mancare ai cittadini ma addirittura di rivenderla. Decenni di pessima gestione della risorsa più preziosa - strategica anche in chiave turistica - e l’invecchiamento della rete (con 40 anni sul groppone) hanno portato a un’emergenza che è diventata quotidianità dal Pollino allo Stretto.
Il piano straordinario ipotizzato ieri chiama direttamente in causa Regione e Sorical che, allo stato attuale, «non sono in grado di affrontare da sole questa situazione» ha sostenuto Abramo il quale ha anche evidenziato che «noi sindaci paghiamo il prezzo più alto, perché la gente non percepisce che il problema è della Sorical o della Regione, scaricandoci addosso ogni responsabilità».
Una teoria condivisa dai suoi colleghi, compatti sulla proposta lanciata alla Regione, con la quale intendono avere a breve un incontro, che andrebbe a incidere sulla qualità del servizio dei 409 Comuni calabresi. In primis si tratta di sbloccare i fondi per la messa in sicurezza immediata - solo per Catanzaro “ballano” venti milioni di euro per un tratto di 3,5 Km sui 14 per i quali ne servirebbero quasi cento - e poi per l’intero sistema idrico calabrese. L’ipotesi di massima include la possibilità che il piano straordinario sia inserito nel Piano per il Sud, considerato che occorrerebbero “svariate” centinaia di milioni di euro (fino al miliardo) per concretizzarlo.
Occhiuto, pur dicendo di non voler polemizzare con la Regione, ha affermato che «in questi ultimi tre anni la situazione è peggiorata per l’assenza di investimenti, tanto che a Cosenza abbiamo due rotture a settimana». Per fare fronte all’emergenza, il sindaco bruzio ha anche intimato a Sorical, con ordinanza, di mantenere una certa portata (di circa 311 litri al secondo) «ma non è stata applicata. Una situazione drammatica che rischia di aggravarsi in assenza di investimenti».
Neppure Vibo sorride. Elio Costa ha puntato sull’importanza di avviare l’Ambito territoriale unico del servizio idrico, sottolineando la serietà della situazione vibonese, con la città stretta da un lato dal dissesto finanziario che lega le mani all’amministrazione e dall’altro da una rete idrica «che fa acqua da tutte le parti e con una riscossione bassa, che si aggira intorno al 16%. Andiamo avanti – ha aggiunto – con i pozzi privati ma non è una situazione ottimale».
Istanze che Gianluca Callipo ha fatto sue come presidente di Anci Calabria, affermando che «solleciteremo la Regione per un incontro e per sbloccare le risorse, stilando un crono-programma per l’avvio dell’Ato e la pianificazione degli interventi».
L’opportunità
Abramo ricorda quando da presidente Sorical (2010) cercò di rilanciare la società con un piano ambizioso finito poi nel nulla. L’opportunità era stata offerta, all’epoca, dalla nascita del Fondo italiano per le infrastrutture (F2I), su input del ministero dell’Economia di Tremonti. «Il Fondo – spiega – era nato per acquistare quote di società di importanti infrastrutture, per rilanciarle in 15 anni e restituirle (essendo un’azienda dello Stato) al pubblico». All’epoca, incontra l’amministratore delegato di F2I, Vito Gamberale. «F2I aveva acquisito l’acquedotto ligure, il 35% dell’aeroporto di Milano e la gestione di quello di Napoli, in dotazione aveva 4miliardi di euro». L’ad è interessato a Sorical e in un incontro con Abramo e l’allora governatore Scopelliti «ci accordiamo per la gestione di Sorical. Il Fondo chiede però alla Regione l’Ato unico, pensando a un investimento sull’acquedotto e sulla rete di tutti i comuni», un impegno finanziario enorme, da 1.2 miliardi di euro, al quale si aggiunge il fotovoltaico. Tutto è sfumato, conclude Abramo, «perché la Regione non ha mai costituito l’Ato unico, pur avendo l’occasione di avere una rete nuova senza spendere un centesimo».