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Tutti pronti a ricorrere al Tar

Tutti pronti a ricorrere al Tar

La linea di difesa è univoca anche se non concordata. Ed è divisa in due: da un lato si chiede la modifica di una normativa troppo fumosa sullo scioglimento per condizionamento mafioso, dall’altro c’è la volontà di leggere al più presto le motivazioni del ministero dell’Interno per presentare ricorso al Tar. I cinque ex sindaci di Lamezia, Cassano, Isola Capo Rizzuto, Marina di Gioiosa e Petronà sono in territorio distanti, ma uniti dagli stessi intenti, e non s’arrendo a un provvedimento dello Stato sancito dal Consiglio dei ministri, pur avendo loro stessi rappresentato lo Stato con l’elezione diretta dei cittadini.

Una contraddizione in cui la ‘ndrangheta sguazza contenta, perchè crea una frattura fra periferie e governo centrale. Ma ogni sindaco ha imparato bene a difendersi a spada tratta: «Nonostante le mie tre richieste non sono mai stato ascoltato dalla commissione d’accesso nè dal prefetto di Catanzaro», ribadisce l’avvocato Paolo Mascaro, primo a sostenere che «la norma così com’è non va bene, vanno modificate le forme procedimentali». A cominciare dal contraddittorio: se un sindaco sotto scacco ha qualcosa da dire dovrebbe avere l’opportunità di esporla.

«I commissari entravano negli uffici del Municipio e non salutavano nessuno», lamenta Gianluca Bruno che guidava il Comune di Isola Capo Rizzuto, «prendevano carte e ciò che volevano, e sono andati via senza dire nemmeno grazie dell’ospitalità». Anche lui “sciolto”, anche lui rabbioso: «La mia è stata l’unica amministrazione ad Isola che ha approvato tutte le fase del Piano strutturale comunale e l’ha mandato alla Regione per il disco verde definitivo. Da trent’anni in paese c’era soltanto un piano di fabbricazione». Le minacce per Bruno erano all’ordine del giorno, ma il peggio è stato quando gli hanno bruciato la casa ed è vissuto sotto scorta.

Anche Gianni Papasso, socialista Doc, ha subito violenze. «Nove mesi fa hanno profanato la tomba di mio padre, ed ho avuto protezione delle forze dell’ordine sotto casa mia. Ma sono con lo Stato o contro?», grida Papasso, che i ricorsi contro il decreto di scioglimento li farà «fino alla morte». Racconta: «Mi accusano di aver partecipato tempo fa al funerale d’una famiglia mafiosa, quando non ero sindaco. Si tratta di una signora che mi conosceva da quand’ero in fasce, suo figlio era in galera. Ma questo cosa c’entra? Dovrebbero spiegarmelo».

Domenico Vestito, “sciolto” a Marina di Gioiosa, parla del paradosso che vive essendo stato vicepresidente nazionale dell’associazione Avviso Pubblico fino all’arrivo dei commissari prefettizi: «Grande sofferenza e amarezza, perchè non sono certamente doctor Jekyll e mister Hyde. Credo che la commissione abbia tralasciato elementi importanti». Sulla stessa lunghezza d’onda Romina Muraca dimessa prima che arrivasse lo scioglimento: «Non so se posso fare ricorso per questo, ma se i legali mi diranno sì io procederò sicuramente».

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