Due milioni “ballerini”, sui quali la Regione non ha dubbi: le sono stati sfilati senza saperne nulla, tanto che ha deciso di rivendicarli con forza, combattendo su più fronti. Lo scacchiere su cui si gioca l’ennesima partita politico-giudiziaria è quello di Finacalabra, la fondazione in house della Regione coinvolta in un affaire sfociato in sequestri preventivi ed avvisi di garanzia nei meandri d’investimenti ad altissimo rischio.
Secondo l’accusa in soli tre mesi, da fine agosto a metà novembre del 2015, sono stati distratti fondi di derivazione comunitaria per un valore di 46 milioni 350mila euro, affidati in gestione a Fincalabra e vincolati al finanziamento di progetti presentati da piccole e medie imprese. In particolare, secondo la Procura di Catanzaro che conduce le delicate indagini, il cda di Fincalabra, con il concorso di due dirigenti della banca Widiba, avrebbe «indebitamente utilizzato – si legge in una relazione della Guardia di Finanza – la somma per l’acquisto di variegati strumenti finanziari sia nazionali che esteri, connotati da altissimo rischio e volatilità, provocando in tal modo un ammanco nelle casse regionali di 1 milioni 868mila 979,75 euro». Ed è proprio questa la somma che, oggi, la Regione punta a recuperare: nel dettaglio 360mila 857,95 euro per provvigioni corrisposte al promotore finanziario, 685mila 330,23 euro riconducibili a spese e/o commissioni trattenute dalla stessa banca e 822mila 791,57 euro quale perdita netta di valore subita dai titoli acquistati da Fincalabra.
Revocati gli investimenti, è stato così avviato un duplice contenzioso fra i Tribunali di Catanzaro e Milano, affidando l’incarico a uno staff legale composto dagli avvocati Oreste Morcavallo, Aristide Police, Francesco Manganaro e Damiano Libonati. E da Milano giungono adesso novità: è definitivamente fallito il tentativo di mediazione dinnanzi all’Organismo di Conciliazione del Tribunale di Milano. La banca si è già opposta alla richiesta di pagamento dei quasi 2 milioni di euro andati in fumo, asserendo di non avere alcuna responsabilità: Fincalabra - è la tesi difensiva - è una società finanziaria e i suoi amministratori avrebbero dovuto essere a conoscenza dei rischi insiti nell’operazione. La replica è che, a prescindere da ogni altro elemento, per legge i fondi di derivazione comunitaria possono essere investiti esclusivamente in titoli di Stato o in obbligazioni garantite dallo Stato, non in strumenti finanziari connotati da altissimo rischio. Le posizioni si sono così cristallizzate ed è stato impossibile trovare un punto d’incontro che evitasse una causa civile. L’iter di quest’ultima è stato già innescato dai legali; resta da fissare la prima udienza al Tribunale di Milano nell’ambito di un contenzioso che si annuncia fin da ora lungo e complesso.
L’altro fronte aperto è quello di Catanzaro, dove è stata avviata un’azione di responsabilità nei confronti degli ex amministratori di Fincalabra, ai quali si contesta di aver violato gli obblighi connessi alle funzioni con conseguente perdita per le casse regionali; nel corso della prima udienza i tre si sono opposti alla richiesta di risarcimento. Si tratta dell’ex presidente Luca Mannarino e degli ex componenti del cda Pio Turano e Martino Marcello, accusati a vario titolo di peculato. Con loro, sono indagati anche i dirigenti di banca Francesco Candelieri e Mario Galassini. Lo scorso giugno le Fiamme gialle hanno apposto i sigilli proprio su 1,8 milioni: euro più euro meno, è la cifra “ballerina”.