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Viaggi e cene, Regione spolpata

Regione Calabria

La Corte dei Conti riapre il capitolo delle “spese pazze” in Consiglio regionale. Una raffica di inviti a dedurre è partita verso più destinazioni tra il Pollino e lo Stretto: ipotizzato un danno erariale di diverse centinaia di migliaia di euro nei confronti di consiglieri in carica fra il 2010 e il 2012. Sotto i riflettori rimborsi ritenuti illegittimi «per attività risultate avere finalità private» e in ogni caso «non ammissibili», per non parlare delle somme mai documentate perché a quell’epoca «era prassi non richiedere le pezze giustificative e non effettuare alcun controllo».

Un “buco nero” nel quale, secondo la Corte dei Conti, sono finiti fiumi di denaro erogati ai gruppi consiliari per consumazioni occasionali in bar e tavole calde, per pranzi e cene in ristorante, viaggi o missioni talvolta all’estero, trasporti in taxi o parcheggi, soggiorni in hotel, acquisto di carburante, ma anche compere al supermercato, in libreria, in ferramenta, salumeria e macelleria, e chi più ne ha più ne metta a partire dalle torce tascabili. Capitolo a sé per le collaborazioni professionali su cui «mancano la prova del pagamento e le copie dei contratti o delle lettere d’incarico».

Gli inviti a dedurre rappresentano il primo passo verso la contestazione formale di danno erariale. I destinatari hanno 45 giorni di tempo per replicare o chiedere di essere sentiti, dopodiché la Procura regionale potrà far scattare gli eventuali atti di citazione. Dopo le vertenze contabili definite per le spese post-2013, quella in atto rappresenta la tranche più delicata dell’inchiesta contabile sui gruppi consiliari di Palazzo Campanella. Tutto nasce da un’indagine svolta dal Nucleo di Polizia tributaria della Guardia di Finanza di Reggio Calabria sfociata, in questo caso in sede penale, dapprima nella citazione a giudizio immediato degli ex assessori Nino De Gaetano e Luigi Fedele e poi in una seconda fase con il rinvio a giudizio, disposto dal gup di Reggio lo scorso luglio, a carico di 22 tra politici e portaborse accusati di aver sostenuto spese disinvolte nel corso della X legislatura. Si tratta di Giovanni Bilardi, Ferdinando Aiello e Bruno Censore, Vincenzo Ciconte, Sandro Principe, Giovanni Nucera, Pasquale Maria Tripodi, Giovanni Franco, Alfonso Dattolo, Carmelo Trapani, Alfonsino Grillo, Giuseppe Bova, Emilio De Masi, Demetrio Battaglia, Pietro Amato, Mario Franchino, Mario Maiolo, Carlo Guccione, Antonio Scalzo, Francesco Sulla, Agazio Loiero, Giovanni Raso e Diego Fedele. Precedentemente rinviati a giudizio anche gli ex assessori regionali Luigi Fedele ed Antonino De Gaetano. Le accuse contestate sono peculato e falso; varia la consistenza delle presunte distrazioni di fondi pubblici.

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