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Gli "amici" dei clan reggini nel territorio della Sibaritide

Gli "amici" dei clan reggini nel territorio della Sibaritide

Chi ha provato a uccidere Pasquale Inzitari? È questo il nodo che sta cercando di sciogliere la Procura di Castrovillari, impegnata nella ricostruzione dell’agguato fallito martedì sera nel mega-parcheggio del centro commerciale “I portali”. Una missione di morte nei confronti di un uomo controverso, un imprenditore proveniente dalla Piana di Gioia Tauro già condannato per concorso esterno in associazione mafiosa. Un ex politico, tra l’altro, colpito nei suoi affetti più cari coi terribili omicidi del cognato e compagno d’affari Nino Princi e del figlio appena diciottenne Francesco Maria. Ora il mirino s’è spostato su di lui, che da qualche tempo aveva scelto di allontanarsi dalla provincia reggina stabilendosi proprio a Corigliano.

Già, Corigliano, la stessa città rivierasca nella quale fu scovato negli anni scorsi un latitante di ’ndrangheta proveniente proprio dalle zone d’origine di Inzitari. Risale infatti al gennaio del 2013 la cattura di Antonio Caia, boss di Seminara bloccato in un’abitazione di Villaggio Frassa. Le risultanze investigative hanno attribuito a Caia “buone amicizie” nel territorio della Sibaritide, in particolar modo con il capo del clan degli zingari di Cassano, Franco “Dentuzzo” Abbruzzese. C’è anche un altro episodio che dimostrerebbe questa alleanza: nel 2007 Caia sfuggì a un agguato in quel di Seminara mentre si trovava insieme a Carmelo Romeo, suo amico e sodale. I due furono gravemente feriti ma se la cavarono. Dopo il ricovero a Polistena, Caia fu preso in consegna dai cassanesi per essere trasferito nel Cosentino. Durante il viaggio, non essendosi del tutto ripreso, Caia si sentì male e fu accompagnato all’Annunziata, l’ospedale del capoluogo bruzio, dove rimase per qualche settimana “piantonato” dai suoi compari sibariti. Va poi considerato un ultimo particolare, che rimanda in qualche modo alle vicende di Inzitari. Il clan di Caia, per quel complesso reticolo di alleanze che si vengono a creare nel variegato universo della ’ndrangheta, è ritenuto vicino alla cosca Crea di Rizziconi, il paese dell’imprenditore sfuggito ai sicari martedì sera. I guai di Pasquale Inzitari – così come ricostruito dalla sentenza “Saline” – sono iniziati per i mutati rapporti con il boss Teodoro Crea alias “Toro”. Un contrasto sorto in seno all’affare “Porto degli Ulivi”, il grande centro commerciale realizzato dall’imprenditore condannato e dal cognato Nino Princi, dilaniato da un’autobomba esplosa nel 2008 a Gioia Tauro.

Pasquale Inzitari, 57 anni, è sfuggito alla morte molto probabilmente perché al suo sicario s’è inceppata la pistola. Tre colpi inesplosi sono stati infatti rinvenuti nel parcheggio del centro commerciale “I portali”, dove martedì sera s’è scatenato il Far West. È ancora fitto il mistero su chi siano i due uomini giunti a bordo d’una moto nel posteggio e su chi li abbia spediti ad ammazzare l’imprenditore. Gente del posto o killer provenienti dalla Piana di Gioia Tauro? Un gravissimo episodio che tuttavia non ha suscitato reazioni, anche istituzionali, a Corigliano. Un silenzio rotto solo da Giuseppe De Lorenzo, responsabile comprensoriale della Cgil, stupito e preoccupato da questa indifferenza.

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