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Falcomatà: "Reggio bella e fragile"

Reggio Calabria

Le cose, dall’alto, si vedono piccole. Ma man mano che l’occhio si abitua a quello che non è un abituale punto di osservazione, quei piccoli tasselli diventano un mosaico che via via si va componendo. Si perde il particolare ma si acquisisce una visione d’insieme niente male.

È non è certo esperienza di tutti i giorni, nemmeno per un sindaco - almeno alle nostre latitudini - avere la possibilità di osservare la “propria” città dall’alto. Ieri il primo cittadino Giuseppe Falcomatà (per lui è stato il “battesimo del volo” a bordo di un elicottero) ha potuto effettuare un’ampia ricognizione in due momenti - un primo focalizzato su Reggio ed un secondo che ha invece riguardato larga parte dell’area metropolitana con un occhio di riguardo alla Locride - assieme al responsabile della protezione civile regionale Carlo Tansi per poter avere una visione unitaria delle “ferite” che nel corso degli anni sono state inferte al territorio che governa da due anni e mezzo. In cantiere c’è una sorta di progetto-pilota (ne riferiamo in maniera più diffusa in altra parte del giornale, ndr) che, partendo nei prossimi mesi (entro fine anno) da Reggio guarderà poi all’intera regione, che punterà a tenere sotto strettissima osservazione soprattutto le fiumare e ad affinare gli interventi di protezione civile al verificarsi delle varie situazioni di criticità.

– Giunto a metà mandato, guardando questa mattina Reggio dall’alto, cosa le viene in mente...

«Devo intanto dire che Reggio è bella e vista dall’alto mi sembra che lo sia ancora di più. Quello di un sindaco è un giudizio di parte, si dirà... ma penso che questa mia valutazione non pecchi di obiettività. Ho avuto il piacere di vedere dall'alto le opere alle quali abbiamo messo mano, che rappresentano la parte più evidente di un programma più ampio, ma ho anche visto quelle che sono alcune situazioni sulle quali dobbiamo focalizzare l’attenzione. Oggi in questo sorvolo ho avuto modo di constatare alcune fragilità del territorio che dobbiamo provare a gestire».

– Cioè?

«Dobbiamo lavorare molto sul piano della conoscenza, della condivisione delle informazioni, della sensibilizzazione e della prevenzione dei rischi. Dobbiamo sapere che fare gli scongiuri non basta, dobbiamo avere tutti la chiara consapevolezza che il nostro è un territorio vulnerabile, che deve fare i conti con il rischio sismico e con quello idrogeologico, e dunque dobbiamo operare e agire - a cominciare dalla pubblica amministrazione - senza mai dimenticare tutto questo».

– Condivisione, lavoro di squadra... Ma in questo momento sembra che Reggio sia quasi accerchiata, deve fare i conti con spoliazioni sistematiche. E non è colpa del destino cinico e baro, quanto meno c’è una politica nazionale distratta nonostante il colore politico del governo nazionale...

«Il mio colore, quello della mia maglia, è amaranto. È il colore di Reggio. Io sono il sindaco che deve occuparsi del territorio, delle esigenze della sua gente. Sono al servizio di tutto ciò, non degli interessi di partito. Ad esempio, temi come la mobilitazione a difesa della sede nazionale dell'Agenzia dei beni confiscati, quella per far sì che finalmente l’aeroporto dello Stretto reciti quel ruolo che gli è proprio nello scacchiere dei trasporti di questo stesso scalo. È su qusti problemi concreti che un sindaco si deve misurare, è su questi fatti che si devono fare le battaglie».

– Negli ultimi giorni i suoi distinguo col Pd, sul piano delle posizioni concrete, sono apparsi evidenti. Ma c’è rimasto male per la nomina dell’assessore Marcianò in direzione nazionale?

«Assolutamente no. E non vedo perchè avrei dovuto. L'ho scelta io come assessore della mia giunta e dunque è chiaro che le riconosco capacità e competenze».

– Dica la verità, qui in quota non si sta male. Forse anche meglio che a Palazzo San Giorgio

«Stare in volo è sempre una bella sensazione. Si deve provare a volare alto sempre, ma con lo sguardo, col pensiero, con la progettualità, senza mai dimenticare di tenere i piedi ben piantati per terra. E il contatto con la gente, per strada, è un valore aggiunto assolutamente irrinunciabile».

– Dunque, meglio stare a terra?

«Non ho dubbi, meglio stare a terra. Alzarsi in volo serve per avere una visione più globale, per guardare la realtà quotidiana anche da un punto d’osservazione differente... Dico sempre che anche per amministrare si deve essere un po’ visionari ma, ripeto, sempre con i piedi ben saldi a terra».

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