Si beve troppo in Calabria, e si muore per alcolismo più che nel resto d’Italia. Ma è tutto il Paese a preoccupare: la Sicilia, per esempio, ha il valore massimo per quanto riguarda le percentuali di ricovero in Trattamento sanitario obbligatorio.
A rilanciare l’allarme è la relazione del Ministero della Salute relativa agli anni 2015 e 2016 appena consegnata al Parlamento. Una “fotografia” disarmante, piena zeppa di dati. Il primo che salta agli occhi è quello relativo alla mortalità alcol-attribuibile per regione di residenza. Se infatti le regioni che nel 2013 hanno fatto registrare il numero maggiore di decessi sono state Lombardia, Lazio e Veneto, quando si rapporta il numero di morti alla popolazione emergono valori estremamente elevati in Calabria con 3,38 decessi ogni 100mila abitanti. Sta molto meglio la Sicilia che, invece, è tra le regioni con il tasso più basso di morti (1,53 ogni 100mila abitanti).
Restando in Calabria, i consumatori di almeno una bevanda alcolica nel 2015 sono pari al 78,6% tra gli uomini e al 46,5% tra le donne, valore risulta inferiore alla media nazionale. Tra gli uomini, è superiore alla media la prevalenza dei consumatori di birra e di amari mentre tra le donne è inferiore alla media la prevalenza delle consumatrici di vino e superalcolici. L’analisi dei comportamenti a rischio mostra per le donne valori al di sotto della media nazionale per ogni parametro, mentre tra gli uomini la prevalenza dei binge drinker è superiore alla media nazionale.
In Sicilia, la percentuale di consumatori di almeno una bevanda alcolica nel 2015 è stata pari al 72,2% tra gli uomini e al 43,2% tra le donne. Anche in questo caso i numeri sono meno impietosi che in Calabria: per entrambi i generi i valori risultano inferiori alla media nazionale. I consumatori di vino e superalcolici per entrambi i generi sono inferiori alla media italiana, per i soli uomini anche i valori relativi al consumo di birra e aperitivi alcolici. «Tutti gli indicatori dei comportamenti a rischio – sintetizza la relazione ministeriale – presentano valori inferiori alla media indipendentemente dal sesso, ad eccezione della prevalenza delle donne binge drinker che non si discosta però in maniera statisticamente significativa dal dato medio».
A livello generale, «il fenomeno relativo al consumo di bevande alcoliche, negli anni più recenti, sta decisamente mostrando un profilo nuovo rispetto agli ultimi decenni e purtroppo non meno preoccupante se si considera che, a fronte di una riduzione del consumo di vino durante i pasti, si registra un progressivo aumento di consumo di bevande alcoliche al di fuori dei pasti, condizione ancor più dannosa per le patologie e le problematiche correlate». Secondo i dati Istat, nell’arco temporale 2005-2015 è diminuita la quota di consumatori generali (dal 69,7% al 64,5%) e giornalieri (dal 31% al 22,2%), a fronte però dell’aumento dei consumatori occasionali (dal 38,6% al 42,3%) e fuori pasto (dal 25,7% al 27,9%). Nel 2015 ha consumato almeno una bevanda alcolica il 64,5% degli italiani (pari a 35 milioni e 64 mila persone), con prevalenza notevolmente maggiore tra i maschi (77,9%) rispetto alle femmine (52,0%). E se è vero che si beve più al Nord e al Centro, un dato curioso racconta che - tra le persone di 25 anni e più - la quota di consumatori di bevande alcoliche aumenta al crescere del titolo di studio conseguito. Ciò avviene soprattutto per le donne: tra quelle con licenza elementare consuma alcol almeno una volta all’anno il 40,1%, quota che sale al 68,6% fra le laureate.
A fronte di una situazione allarmante, i Club alcologici territoriali (Cat) - comunità multifamiliari in teoria presenti su tutto il territorio nazionale - sono diminuiti del 75% in Calabria negli ultimi dieci anni, passando da 46 a 12. Ma in quasi tutto il Centro-Sud si registra «una grossa difficoltà nella diffusione dei Cat», con un numero di abitanti per ogni centro superiore ai 100mila: la Campania ne ha uno ogni 216mila, la Calabria uno ogni 167mila, la Sicilia uno ogni 158mila, il Lazio uno ogni 136mila.
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