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La morte dell’«uomo sbagliato» rimane impunita

La morte dell’«uomo sbagliato» rimane impunita

Un delitto impunito. Fazio Cirolla, 43 anni, venne ammazzato da due sicari all’interno di un negozio di ricambi per auto di Cassano allo Ionio. I sicari entrarono in azione con l’obiettivo di ammazzare Salvatore Lione “contabile” della cosca sibarita dei Forastefano. La vittima designata riuscì tuttavia a dileguarsi e finì sotto il fuoco degli esecutori l’incolpevole Cirolla. L’uomo venne trucidato sotto gli occhi del figlioletto. Era il 27 luglio del 2009. La vittima, venne fatta inginocchiare e nonostante implorasse pietà fu giustiziata. Prima di morire ebbe solo il tempo di sussurrare qualche parola al figlioletto raccomandandogli la madre ed i fratelli. La corte d’assise di appello di Catanzaro, lo scorso anno, ha assolto Archentino Pesce e Saverio Lento, entrambi cassanesi, dall’accusa di aver compiuto l’assassinio. Pochi mesi dopo il fatto di sangue, infatti, il “contabile” che era il vero e unico obiettivo dei sicari, decise di collaborare con la giustizia indicando in Pesce e Lento gli autori materiali del crimine. Entrambi furono pertanto arrestati, mandati a giudizio e processati rimediando, in primo e secondo grado, prima a Cosenza e poi a Catanzaro, una condanna a trent’anni di reclusione. Nel 2015, tuttavia, la Corte di Cassazione annullò con rinvio la sentenza di secondo grado. I giudici di legittimità ordinarono la celebrazione di un nuovo giudizio al cospetto di una diversa sezione corte di assise di appello. I togati, questa volta, accolsero le tesi e le richieste di assoluzione avanzate dal collegio difensivo composto dagli avvocati Vincenzo Belvedere, Rossana Cribari e Pasquale Marzocchi. I penalisti sottolinearono nelle loro arringhe il principio del “ragionevole dubbio” in relazione proprio alle confessioni rese dalla scampata vittima, Salvatore Lione, le cui dichiarazioni vennero bollate come prive di riscontri. Nulla di quanto riferito dal collaboratore aveva trovato – secondo i penalisti – riscontro negli atti. Una tesi confutata dal rappresentante della pubblica accusa, Raffaela Sforza, che aveva invece invocato la conferma delle condanne. Dopo deposito delle motivazioni della sentenza il pg Sforza ha proposto ricorso in Cassazione avverso le asoluzioni. Questa volta, però, la suprema Corte ha chiuso la partita giudicando l’istanza della pubblica accusa «inammissibile». La morte dell’uomo ucciso al posto di un altro rimane, dunque, un crimine senza colpevoli. Fazio Cirolla condivide un amaro destino umano e giudiziario con altre vittime innocenti come Salvatore Altomare, ammazzato a Cosenza nel 1981 dai sicari incaricatio di far fuori Carlo Rotundo, “xcontabile del clan perna; e Ferdinando Chiarotti assassinato dal “commando” resosi responsabile nel 2000 della strage di Strongoli.

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