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Un cosentino nella rete dei narcos

Un cosentino nella rete dei narcos

A Trento non s’era mai vista tanta coca. Giovani e meno giovani, tutti schiavi del vizio. Molti la usano per vincere la fatica, altri se la fanno nel fine settimana con gli amici, per lo sballo nei locali. Sono tutti avvelenati da questa “roba” nel Nord del Nord del paese, da quando anche lassù sono arrivate le gang albanesi. I boss shqipetari hanno messo saldamente le loro mani sul mercato e distribuiscono stipendi ai “manovali”. Dall’ultima inchiesta detonata nel blitz “Caffè espresso” emerge lo scenario nero del business degli stupefacenti in Trentino. Un’attività che sarebbe stata organizzata da Saimir Osma, 35 anni, titolare pure di un paio di “alias”, presunto capo d’una presunta gang della quale avrebbe fatto parte anche un cosentino. E ieri mattina, i carabinieri della Compagnia di San Marco Argentano e quelli della Stazione di Mongrassano, guidati dal maresciallo Pierluigi Brunocilla, hanno eseguito il provvedimento cautelare, emesso dal gip di Trento, Francesco Forlenza, nei confronti del venticinquenne Federico Idotta, nativo di Reggio Calabria, con abitazione nel Cosentino ma di fatto residente a Levico Terme. Dopo le formalità di rito, gl’investigatori hanno rinchiuso l’indagato all’interno della casa circondariale di Paola. Il suo difensore, l’avvocato Ferruccio Mariani, è già al lavoro per smontare le accuse contestate al suo assistito.

Secondo la Dda trentina, Idotta avrebbe avuto un ruolo di supporto all’interno della ipotizzata organizzazione. In pratica avrebbe messo a disposizione la sua abitazione per custodire la droga destinata poi allo spaccio. E in alcuni casi avrebbe anche provveduto al trasporto dello stupefacente.

C’è un capitolo intero, in particolare, nell’ordinanza applicativa della misura cautelare (che è stata emessa nei confronti di diciotto persone) che riguarda direttamente l’indagato cosentino. La trama esplora il furto di una partita di cocaina. Droga che sarebbe stata custodita non troppo celatamente a casa di Idotta. E, perciò, sarebbe stata vista da un giovane e da alcuni suoi amici, un giorno, mentre erano tutti insieme. E proprio quel giovane, a distanza di qualche tempo, si sarebbe introdotto nell’abitazione del cosentino a Levico Terme impossessandosi della droga e facendo perdere le sue tracce. Un furto che avrebbe mandato su tutte le furie l’albanese al quale sarebbe dovuta essere consegnata quella partita di coca. E così Idotta e il suo coinquilino (anche lui finito nelle maglie dell’inchiesta dei carabinieri) si sarebbero messi sulle tracce del ladro per recuperare la “neve” ed evitare la furia shqipetara. Al giovane che s’era impossessato della droga, i due avrebbero fatto pervenire anche delle minacce nell’inutile speranza di tornare in possesso del “tesoro” trafugato. Anzi, dalla stessa persona alla quale i due si erano rivolti ricevettoro un severo rimprovero per aver lasciato in giro per casa «le vostre cose, facendole vedere a quei ragazzi». Proprio in seguito ai problemi avuti per quella vicenda, Idotta, sarebbe tornato in Calabria, nella speranza di far calmare le acque.

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