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Stop al contestato “premio” da 100mila euro

Scura e Urbani restano in sella

Il “pasticciaccio” l’hanno risolto il commissario Massimo Scura e il suo vice Andrea Urbani. Cancellando quella delibera dell’Asp di Cosenza, la numero 2005 del 20 dicembre scorso, che loro stessi usando un eufemismo avevano accolto «con una certa sorpresa».

Il caso Filippo

L’atto incriminato riguarda la conciliazione da 100mila euro tra l’Azienda sanitaria provinciale bruzia e il dottor Pietro Filippo, l’ex presidente del consiglio comunale di Cosenza condannato in via definitiva come “furbetto del cartellino”. Una sostanziosa transazione a favore del medico assenteista avviata dopo una causa per demansionamento, vicenda che ha subito suscitato un vespaio di polemiche. Quei 100mila euro non potevano passare inosservati, a maggior ragione davanti alle accuse sigillate nei mesi scorsi dalla Cassazione: oltre ad aver abbandonato il luogo di lavoro senza autorizzazione, Filippo è stato punito per aver convinto un collega a firmare il via libera per il rinnovo di una patente nonostante l’inidoneità del diretto interessato. Dal canto suo, l’ex presidente del consiglio comunale bruzio ha pure citato in giudizio l’Azienda sanitaria provinciale affinché gli venisse restituita la dirigenza di un’unità operativa complessa. I commissari per il ripiano del debito sanitario calabrese, dopo aver chiesto al direttore generale Raffaele Mauro se fossero stati presi provvedimenti disciplinari contro Filippo e se lo stesso medico avesse o meno provveduto a pagare le spese processuali, sono passati al contrattacco. La documentazione è stata quindi inoltrata alla Corte dei conti, mettendo ancora di più nei guai il diretto interessato. L’ex presidente del consiglio comunale cosentino, infatti, rischia seriamente di dover mettere mano al portafoglio a causa del manifesto «danno d’immagine dovuto al clamore suscitato dalla vicenda» relativa alla sua condanna ormai inappellabile. Scura e Urbani non si limitano però a censurare la posizione di Pietro Filippo, ma lanciano pesanti accuse anche alla direzione dell’Asp: la delibera revocata risulta del resto «inficiata da violazione di legge e, in particolare, per eccesso di potere per sviamento e irragionevolezza». I commissari non riescono a capire quale utilità abbia ricavato l’Azienda sanitaria cosentina da questa transazione, ente che invece avrebbe preso per buona «una determinazione del presunto danno calcolato dalla parte privata». Danno che, sempre secondo Scura e Urbani, dagli atti visionati non sembra effettivamente emergere a carico dell’Asp.

Le visite della Finanza

All’Azienda sanitaria bruzia i problemi comunque non finiscono mai: due giorni fa la Guardia di finanza ha infatti bussato alle porte della direzione generale, acquisendo atti e documenti utili a una delicata indagine dai contorni ancora tutti da scoprire. Le fiamme gialle stanno del resto cercando di chiarire un atroce sospetto: tra la marea di pignoramenti, risarcimenti danni e fatture d’ogni tipo a carico dell’Asp potrebbero celarsi pagamenti indebiti, effettuati addirittura per due volte senza che qualcuno battesse ciglio. Un “buco nero” non certo inedito per la sanità calabrese: violazioni così gravi sono state del resto già provate all’Asp di Reggio. Esborsi insensati e non dovuti dalle conseguenze molto pesanti per l’assistenza e le cure erogate alla cittadinanza. Un pozzo senza fondo dentro al quale è decisamente complesso districarsi e fare luce. Per comprendere la portata del problema basta qualche dato: pignoramenti e risarcimenti costano all’Azienda sanitaria di Cosenza la bellezza di 250 milioni all’anno, il 25% d’un poderoso bilancio che tocca l’asticella del miliardo di euro.

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