Una folla commossa di familiari, amici e colleghi di lavoro ha partecipato alle esequie testimoniando non solo il legame affettivo con Andrea ma ricordandone in particolare il suo grande coraggio. Proprio quello che per i primi 15 anni lo ha aiutato a sopravvivere a una gravissima malformazione cardiaca congenita, che lo costringeva a continui ricoveri in ospedale, e che per i successivi 22 anni e quattro mesi lo ha aiutato a vivere sempre con gioia ogni giorno, pur con tutte le restrizioni che la vita di una persona che ha subìto il trapianto dell’organo più importante può avere.
Non appena si è diffusa la notizia della morte di Andrea, tra Sant’Andrea e Roma si è rapidamente stabilito un collegamento fatto di ricordi, tutti gioiosi, e di ammirazione per quello che il giovane ha rappresentato; quella stessa ammirazione che del resto anche lui ha avuto per la famiglia Green, che con quel gesto d’amore compiuto in un momento terribile ha voluto con forza spezzare il giogo della morte e del rancore decidendo di donare gli organi di Nicholas e di farlo in Italia, proprio dove il loro figlio era stato ucciso. E il caso ha voluto che fosse proprio un ragazzino calabrese a ricevere il cuore, affermando un legame che non si è mai interrotto nonostante tra la famiglia di Andrea (come degli altri trapiantati) e i Green vi fosse un oceano di distanza.
Ancora pochi anni fa il giovane “romano-andreolese” aveva affermato che per lui i Green erano come una seconda famiglia. Purtroppo, però, le sue condizioni di salute nel corso del tempo sono andate via via peggiorando, e un linfoma ha reso ancora più delicato il suo quadro clinico.
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