“Don Eugenio”. Dove il “don” sta per uomo di rispetto e richiama quella originale patologia – l’essere “malati di ’ndrangheta” – che al Nord è costata tanti guai a non pochi calabresi. Ad Eugenio Costantino, 54 anni, è costata 16 anni e mezzo di carcere. È la pena che gli ha inflitto il Tribunale di Milano ritenendolo il “dominus” del rapporto intessuto con l’ex assessore regionale della Lombardia, Domenico Zambetti. L’esponente politico, nel 2010, avrebbe comprato con 200.000 euro 4000 voti dai “compari” delle cosche nostrane. Costantino, secondo i giudici, è un “manager” mafioso. Valigetta 24 ore, telefono cellulare d’ultima generazione, abiti eleganti, eloquio fluente e pistola alla cintola incarna perfettamente la figura del faccendiere delle ‘ndrine incaricato di trattare, barattare, blandire, minacciare e ricattare i ricchi “lumbard”. E Zambetti è stato il politico che il calabrese ed i suoi complici avrebbero spremuto come un limone in occasione delle elezioni regionali che portarono alla vittoria del presidente Roberto Formigoni. Eppure come specificò il gip di Milano, Alessandro Santangelo nell’ordinanza di custodia cautelare emessa a conclusione delle investigazioni, Costantino «non vanta parentele con soggetti appartenenti alla criminalità organizzata calabrese». Epperò, durante una conversazione captata nella sua Bmw, raccontava che fin da minorenne si era sempre comportato da buon picciotto con i capibastone cosentini: «Noi eravamo ragazzi ed andavamo a fare le commissioni per lui». «Lui» altri non sarebbe che Franco Perna, l’irriducibile padrino bruzio.
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