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Antonino Pesce convinto di essere al sicuro

Antonino Pesce convinto di essere al sicuro

Antonino Pesce era convinto di riuscire a sfuggire alla cattura e che sarebbe rimasto a lungo uccel di bosco. Riteneva certamente quello di via Nuova Castiglia, nel quartiere Eranova di Gioia Tauro, un nascondiglio sicuro se, come è stato riferito dagli investigatori, l’appartamento messogli a disposizione dall’amico Tonino Belcastro era arredato di tutto punto, tant’è che nello stesso sono stati trovati anche tanti giocattoli destinati al bambino di tre anni nato dalla sua relazione con la compagna V.C.

La donna, è stato ribadito dagli investigatori, era con lui al momento dell’irruzione dei carabinieri dei Reparti operativi del Comando provinciale e dei Reparti operativi della Compagnia di Gioia Tauro che hanno eseguito il blitz guidati dal capitano Gabriele Lombardo.

E l’operazione è scattata, si è potuto apprendere, proprio perché i militari avevano la certezza che il latitante si trovava nel nascondiglio. I controlli e i pedinamenti avevano consentito di registrare gli spostamenti di persone, parenti ed amici, vicine a Pesce per cui nel momento in cui un militare ha aperto il cancello della villetta non c’era alcun dubbio sul fatto che lo stesso sarebbe stato bloccato in casa senza concedergli vie di scampo. Il latitante ha provato a disfarsi di pistola lanciandola dalla finestra ma l’arma è stata recuperata dai carabinieri.

E così è stato. Pesce, ricercato dal luglio del 2016 quando era riuscito ad evitare l’arresto quando era scattata l’operazione “Vulcano” – affermano gli investigatori che per mesi hanno continuato a cercarlo con grande impegno dando seguito ad un lavoro non certo facile coordinato dalla Dda di Reggio Calabria – si sentiva in una botte di ferro. Era convinto che la sua latitanza sarebbe durata a lungo facendo anche affidamento su appoggi “forti” che derivavano dalla sua posizione di uomo di prestigio e quindi più “in vista” del clan grazie al quale era diventato, secondo quando emerso dalla stessa operazione “Vulcano”, punto di riferimento ovvero anello di collegamento con le cosche dei Bellocco e dei Molè nell’attività di importazione approvvigionamento e poi distribuzione dei grandi quantitativi di droga legati al traffico internazionale che si sviluppava sulla direttrice Sud America-porto di Gioia Tauro, culminato nell’arcinota operazione che si era conclusa col sequestro di 83 kg di coca purissima ritrovati a bordo della nave MSC dopo il controllo di ben millecinquecento container.

L’arresto di Antonino Pesce resta per questo al centro dell’attenzione e continua ad essere oggetto di considerazioni positive che arrivano dal mondo politico e istituzionale perché segna una “nuova vittoria” dello Stato contro la criminalità organizzata.

L’interrogatorio di garanzia di Antonino Pesce e Tonino Belcastro (quest’ultimo risponde di favoreggiamento personale), già fissato per ieri, è slittato a questa mattina.

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