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Omicidi e racket, la "legge" dei Bonavota

Omicidi e racket, la "legge" dei Bonavota

Il primo omicidio per eliminare un personaggio scomodo vicino alle famiglie rivali, il secondo per riequilibrare dinamiche interne alla cosca e poi le immancabili intimidazioni per marcare il territorio e fare soldi con le estorsioni. La Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro “riscrive” l’epopea criminale vibonese, facendo luce su vecchi fatti di sangue coincisi con l’ascesa della famiglia Bonavota. E non a caso è stata chiamata “Conquista” l’operazione portata a termine all’alba di ieri dai Carabinieri: in quasi 400 pagine, grazie alle dichiarazioni del pentito Andrea Mantella, viene ricostruita la scalata dei Bonavota di Sant’Onofrio ai vertici della “nomenklatura ’ndranghetista”.

Cinque i provvedimenti di fermo eseguiti (uno dei sei destinatari è irreperibile); sette gli indagati a piede libero, tra cui un avvocato del Foro di Vibo. In carcere sono finiti i fratelli Pasquale e Domenico Bonavota (ritenuti rispettivamente capo società e capo militare), Onofrio Barbieri, Domenico Febbraro e Giuseppe Lopreiato. Ancora ricercato Nicola Bonavota. Sono accusati, a vario titolo, dei reati di associazione mafiosa, omicidio, danneggiamento, estorsione. Durante le perquisizioni, per detenzione di armi, è finito in manette Antonio Petrolo. Nella casa dove si nascondeva invece Domenico Bonavota (preso ieri notte a Sant’Onofrio dove avrebbe tentato una fuga sui tetto, era irreperibile da alcuni mesi) è stato arrestato (e dopo la convalida del Tribunale di Vibo subito rimesso in libertà) Giovanni Lopreiato, assistito dall’avv. Diego Brancia.

I particolari dell’inchiesta sono stati resi noti ieri nel corso di una conferenza alla quale hanno partecipato il procuratore capo di Catanzaro Nicola Gratteri, l’aggiunto Giovanni Bombardieri, il comandante regionale dei Carabinieri gen. Andrea Rispoli, il comandante provinciale dei carabinieri di Vibo col. Gianfilippo Magro e il cap. Valerio Palmieri. I due omicidi contestati si sono consumati entrambi nel 2004. E dodici anni dopo i Carabinieri ne hanno chiarito i contorni. Raffaele Cracolici è stato ucciso il 4 maggio 2004 a Pizzo Calabro (Vv) e sarebbe stata proprio la famiglia Bonavota a deciderne l’eliminazione perché la sua vicinanza alla potente famiglia rivale dei Mancuso era ritenuta un ostacolo nel percorso di espansione territoriale sulla zona industriale di Maierato (Vv). Movente “interno”, invece, per l’omicidio di Domenico Di Leo, commesso il 12 luglio 2004 a Sant’Onofrio (Vv): la vittima avrebbe pagato con la vita un presunto tentativo di crearsi spazi autonomi dalla famiglia Bonavota.

Sul fronte delle estorsioni, l’ordinanza si occupa delle intimidazioni con colpi di arma da fuoco ai danni dello stabilimento “Callipo” di Maierato, nel 2004, e del complesso turistico “Popilia Country Resort”, avvenuta ad aprile del 2016. «Un’operazione importante – ha sottolineato il procuratore Gratteri – perché banco di prova per le prime dichiarazioni di Andrea Mantella, un pentito per noi fondamentale». E dei racconti del collaboratore di giustizia avrebbero paura soprattutto i ex amici. Intercettato dai Cc, un esponente del clan Bonavota rivela: «Micu (Domenico, ndr) se ne va… non subito… appena è pronto».

I fermati sono: Pasquale Bonavota, 42 anni, di Vibo Valentia; Domenico Bonavota, 37 anni, di Vibo; Onofrio Barbieri, 36 anni, di Vibo; Domenico Febbraro, 23 anni, di Vibo; Giuseppe Lopreiato, 22 anni, di Soriano Calabro (Vv).

Risulta tuttora irreperibile Nicola Bonavota, 40 anni, di Vibo Valentia.

Indagati a piede libero: Giuseppe Di Renzo, 44 anni, di Vibo; Francesco Salvatore Fortuna, 36 anni, di Tropea (Vv); Vincenzino Fruci, 40 anni, di Lamezia Terme (Cz); Antonio Falbo, 53 anni, di Lamezia Terme (Cz); Francesco Lo Bianco, 46 anni, di Vibo; Andrea Mantella, 43 anni, di Vibo; Francesco Michienzi, 36 anni, di Lamezia Terme (Cz).

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