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Mobilitati due paesi:
il bimbo cresca coi nonni

Mobilitati due paesi: il bimbo cresca coi nonni

Nel paese dei genitori di Martina Levato, “la ragazza dell’acido”, per un anno fra i compaesani è prevalso lo sconforto davanti alla tragedia dei due giovani aggrediti e sfigurati a Milano dalla ventiquattrenne Martina assieme all’amico trentenne Alexander Boettcher.

Quando nelle scorse settimane la piccola comunità di Verzino ha saputo che il Tribunale dei minori di Milano riteneva i genitori di Martina non adeguati ad avere in affidamento il bambino avuto in carcere dalla figlia (in due processi celebrati a Milano sono stati inflitti 16 e 12 anni a Levato e 23 e 14 anni a Boettcher: condanne non definitive), a quel punto nessuno dei compaesani di Vincenzo Levato e Maria Gualtieri se l’è sentita di tacere e starsene con le mani in mano. A cominciare dal sindaco Franco Parise, che ha scritto una lettera alla Corte d’Appello e al Tribunale dei minori di Milano. Il sindaco di Verzino contesta la tesi secondo cui i nonni del bambino non avrebbero “la capacità accuditiva” necessaria a crescere il nipotino, inadeguatezza sostenuta dai consulenti dei giudici ed alla base della decisione di dare in adozione il piccolo ad una famiglia estranea.

Si è mobilitato il paese, contro la valutazione per cui i nonni non sarebbero in alcun modo adatti a prendersi cura del bambino, partorito da Martina Levato nel carcere di Opera il 15 agosto dell’anno scorso. Anche a Bollate, dove la famiglia Levato risiede da quasi trent’anni, è stata effettuata una raccolta di firme per testimoniare la rettitudine e la capacità di Vincenzo Levato e Maria Gualtieri. Dallo stesso carcere di Opera si è saputo di una sottoscrizione di solidarietà alla ventiquattrenne Martina.

«La comunità verzinese – ha scritto il sindaco Parise lo scorso 26 ottobre ai giudici milanesi – si è riunita spontaneamente in una pubblica assemblea, decidendo all’unanimità di avviare una raccolta di firme per sostenere la richiesta dei nonni Vincenzo e Maria di avere l’affidamento del bimbo». Il sindaco ha precisato: «Le convinzioni della comunità verzinese nascono dalla conoscenza diretta della famiglia di Vincenzo e della sua stessa persona». Il sindaco ha raccontato ai giudici la storia della famiglia Levato, una vicenda simile a tante altre esemplari dell’emigrazione calabrese: padre contadino, figli agli studi fra grandi sacrifici familiari, poi la laurea, l’emigrazione al nord, il lavoro e la nascita di una nuova famiglia.

Ancora prima che a Verzino, a Bollate lo scorso 6 ottobre è stata spedita al Tribunale dei minori di Milano una lettera sottoscritta da centinaia di cittadini: «Siamo amici, parenti, colleghi e genitori degli alunni dei professori Maria Rosa Gualtieri e Vincenzo Levato, nonni del bambino, e vorremmo farvi giungere le nostre convinzioni a proposito delle loro capacità di crescere ed educare il piccolo. Ognuno di noi – testimoniano da Bollate – ha affidato e affida con gioia i propri figli a queste due persone, umane, sensibili, rispettose degli altri e capaci di trasmettere il rispetto delle regole con amore e pazienza». Al “Notiziario” di Bollate il sindaco Francesco Vassallo lo scorso 21 ottobre ha dichiarato: «Trovo singolare la decisione del Tribunale dei minori di non affidare il bambino ai nonni. Ma in Italia decidono i Tribunali, non le raccolte di firme».

Quella decisione brucia sulla pelle dei compaesani di Vincenzo e Maria, genitori di Martina e nonni del piccolo. Insiste Giuseppe Tristaino, fra i promotori dell’appello sottoscritto da tutte le famiglie verzinesi: «Spiegatemi come è possibile. Due insegnanti hanno educato in tanti anni e continuano ad educare centinaia, migliaia di minori, e poi non vengono ritenuti adeguati a occuparsi del proprio nipotino? Non si discute la pena della figlia, che l’ha pure accettata. Ma un bambino ha diritto ad essere accudito. Tante altre donne, che si sono macchiate di crimini molto più gravi, hanno avuto i figli con loro!».

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