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Matacena a tavola con i boss di Reggio e Villa

Matacena a tavola con i boss di Reggio e Villa

A tavola con la ’ndrangheta, in locali pubblici e sotto gli occhi della “Reggio bene”. Per due volte Amedeo Matacena, l’ex deputato di Forza Italia condannato in via definitiva a 3 anni di galera per concorso esterno in associazione di ’ndrangheta ed oggi latitante d’èlite a Dubai dove vive senza poter abbandonare gli Emirati Arabi Uniti ma restando lontano dalle carceri italiane, si è intrattenuto, cenando, conversando e festeggiando, con esponenti di rilievo delle cosche reggine. Dai De Stefano, ai Condello, ai Romini, ai Fontana, ai Paviglianiti, i Latella e rappresentanti di Villa San Giovanni. A rivelarlo è stato ieri il pentito di ’ndrangheta Nino Fiume, uomo di vertice della cosca De Stefano per essere stato cognato dei fratelli Giuseppe, Carmine e Dimitri De Stefano.

Il collaboratore di giustizia è stato interrogato ieri dal pm antimafia Giuseppe Lombardo nel processo “Breakfast” che si sta celebrando davanti al Tribunale collegiale di Reggio (presidente Natina Pratticò) e vede alla sbarra la moglie di Matacena, Chiara Rizzo, l’ex ministro dell'Interno Claudio Scajola, e i collaboratori di fiducia della famiglia Matacena, Martino Politi e e Mariagrazia Fiordelisi. Tutti sul banco degli imputati per aver cooperato nel progetto di fuga all’estero di Amedeo Matacena in attesa del verdetto della Corte suprema di Cassazione.

Le cene

Nino Fiume ricorda benissimo la serata di festa al “Papirus”, la discoteca sul lungomare di Gallico che negli anni ’90 era uno dei locali per eccellenza di Reggio. Era il 1994. Sollecitato dalle domande del pm Lombardo il pentito ricostruisce ragioni e commensali: «Era stata organizzata “una pizza" per festeggiare l’elezione di Peppe Aquila (braccio destro di Amedeo Matacena che occuperà il ruolo di vicepresidente della Provincia di Reggio prima di essere travolto dalle inchieste giudiziarie proprio per la vicinanza alle ’ndrine cittadine, ndr). Alla cena partecipò Matacena e numerosi esponenti e rappresentanti della ’ndrangheta di Reggio». Tra i tanti partecipanti ricorda bene Peppe De Stefano, anche perchè era la sua ombra e l’accompagnò personalmente al “Papirus”: «Oltre a De Stefano in quel tavolo c'erano tutte persone che avevano parenti da uno schieramento o dall’altro. Non appena fu notato per salutarlo». Per rendere facilmente comprensibile il legame di Amedeo Matacena con la ’ndrangheta, Nino Fiume utilizza una metafora trasportistica: «Immaginate un treno con una motrice e tanti vagoni: così è la ’ndrangheta e ogni vagone rappresenta un “locale”. Matacena salì a bordo di quel treno e si fece tutti i vagoni».

Il mega progetto

Secondo Fiume, rimasto ieri per circa 4 ore a rispondere alle domande del magistrato della Dda, Matacena non avrebbe mai fatto mistero del suo “sogno imprenditoriale” anche con i vertici della nuova generazione di ’ndrangheta a Reggio: «Parlava di fare di Reggio una piccola Las Vegas o una piccola Montecarlo, deporre le armi e far sì che le persone investissero in qualcosa di nuovo. Era un discorso che lui faceva dappertutto era il suo chiodo fisso. Ma sapeva perfettamente che serviva un accordo con le cosche».

L’udienza del processo “Breakfast” è stata rinviata al 7 dicembre per il controesame del pentito.

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