La polizia stradale di Piacenza ritrova l'auto che era stata rubata alla figlia del cantante Eros Ramazzotti, Aurora, e scopre un giro di veicoli rubati, contraffatti e poi rivenduti in tutta Italia, arrivando alla denuncia di 15 persone per i reati di riciclaggio, ricettazione, truffa, uso di atti falsi, distruzione di atti veri. Coinvolti anche un autosalone di Milano e un'agenzia di pratiche auto dell'hinterland milanese. La vettura da cui è scaturita l'indagine, è una mini car francese che era stata rubata nel gennaio del 2013 alla figlia del popolare cantante, intestatario della vettura al Pubblico registro automobilistico. I ladri l'avevano rubata davanti al liceo mentre Aurora Ramazzotti era a lezione in aula. Qualche mese dopo il furto, grazie alla segnalazione fatta alla Polstrada da un importatore di Piacenza, gli agenti hanno ritrovato la vettura che, nel frattempo, era stata reimmatricolata con un nuovo numero di targa e telaio, e rivenduta. Da lì è partita l'inchiesta.
Alla base c'era una procedura collaudata che la polizia, dopo aver esaminato oltre seicento pratiche alla Motorizzazione di Milano, ha scoperto essere stata fatta su altre auto, 15 in tutto, che erano state rubate e poi "ripulite" con un nuovo numero di telaio e documenti falsi. Durante lo sviluppo dell'indagine la Procura della Repubblica di Milano, che ha coordinato l'indagine, ha emesso decreti di perquisizione e sequestro eseguiti, anche in uffici pubblici, a Milano, Roma, Napoli, L'Aquila, Reggio Calabria, relativamente ai Comuni di Platì e Rosarno. I veicoli di provenienza illecita su cui erano state compiute operazioni di riciclaggio, con la cancellazione dei numeri di telaio originali e la ripunzonatura apocrifa di un nuovo numero, venivano immatricolati mediante presentazione di documentazione contraffatta. Il funzionario della motorizzazione di Milano che trattava la pratica, indotto in errore dalla documentazione apparentemente genuina, immatricolava il veicolo e consegnava la targa e il certificato di circolazione. L'agenzia automobilistica - spiega la Polizia Stradale - curava le pratiche di immatricolazione utilizzando documenti falsi, mentre la concessionaria, tramite i suoi canali di vendita, diretti presso la sua sede, e tramite portali del settore in internet, commercializzava questi veicoli carpendo la buona fede degli acquirenti.