Calabria

Sabato 23 Novembre 2024

L’Australia piegata ormai da decenni ai voleri dei boss della ’ndrangheta

L’Australia piegata ormai da decenni ai voleri dei boss della ’ndrangheta

I “compari” d’Australia. Il 18 novembre del 1987 un carro funebre sfilò davanti a migliaia di persone ferme ai bordi della carreggiata stradale. Dentro c’era la bara di Peter Callipari destinata ad essere tumulata nel cimitero di Griffith. Decine di auto seguivano il feretro del più importante “padrino” calabrese mai vissuto in Oceania. Era originario di Platì e da giovanissimo aveva frequentato un seminario nella Locride. Comprendendo presto di non essere vocato alla vita ecclesiale, Callipari s’era poi imbarcato su un bastimento nel porto di Napoli per tentare la fortuna dall’altra parte del mondo. Nella terra dei canguri trovò prima lavoro grazie a un conterraneo in una ditta di autobus e, poi, si mise in proprio aprendo una bottega da calzolaio che divenne, nel tempo, un negozio di scarpe. Il più importante esercizio commerciale del New South Wales nel quale cominciarono a fare capolino non solo tutti i calabresi di quell’area della terra ma pure tantissimi uomini politici. Callipari divenne amico intimissimo del ministro federale per l’immigrazione, Al J. Grassby, laburista, con cui compì addirittura una visita istituzionale nella mai dimenticata Platì. E l’uomo di governo australiano, grato per le attenzioni ricevute, arrivò a tessere pubblicamente le lodi dell’amico italiano in una raccolta di saggi edita – pensate – dalla Fondazione Agnelli. La parabola di Callipari, che non ebbe mai guai con la giustizia nel continente bagnato dall’Oceano Pacifico, è utile per comprendere quanto profonde siano le radici della ’ndrangheta in quei luoghi lontani. L’omicidio di Pasquale Barbaro, 35 anni, avvenuto a Sydney la notte del 14 novembre scorso, non deve perciò sorprendere. L’uomo è stato ucciso da due killer incappucciati mentre usciva dalla casa di un suo associato. Il giorno dopo, in un processo per omicidio, in un tribunale locale, doveva essere ascoltata un’intercettazione di Barbaro che parlava con il boss della temibile banda libanese “Brothers for Life”. Pasquale Barbaro era in libertà su cauzione in attesa del processo, fissato per dicembre davanti alla Corte Distrettuale australiana, per produzione e traffico della droga “Ice”. Un processo in cui rischiava la condanna a 20 anni di carcere. Barbaro, che un anno fa era sopravvissuto a un altro agguato, portava lo stesso nome del nonno, ucciso in circostanze simili nel 1990. Il suo omonimo zio sta invece scontando 30 anni di carcere per l’importazione nel 2009 di 4,4 tonnellate di ecstasy, 15 milioni di pasticche nascoste i 3000 barattoli di pomodori pelati provenienti dal porto di Napoli. E il cugino, anch’egli Pasquale Barbaro, è stato assassinato a Melbourne nel 2003 insieme al noto boss criminale Jason Moran. Nel marzo del 2015 è stato invece ammazzato Joseph Acquaro avvocato e noto esponente della comunità calabrese di Melbourne. Le indagini della polizia australiana si sono subito concentrate su un uomo d’affari d’origine calabrese, che avrebbe offerto una “taglia” di 200 mila dollari (135 mila euro) sulla testa del legale. Acquaro nel corso degli anni aveva difeso in giudizio diversi boss della locale ’ndrangheta fra cui Frank Madafferi, che sta scontando 10 anni di carcere per vari reati, fra cui la più grande importazione di ecstasy intercettata al mondo, in cui risultava coinvolto pure lo zio di Barbaro. A metà dello scorso anno la polizia aveva avvertito l’avvocato che qualcuno stava cercando di far sorvegliare i suoi movimenti, ma Acquaro aveva ignorato il consiglio di accettare misure di protezione. Ed è finito male. Le forze di polizia australiane non hanno mai sottovalutato, a dire il vero, la presenza della mafia calabrese. Già nel 1965 l’Australian Security Intelligence Organization (Asio) scrisse al Governo dell’epoca che sussistevano«

Nel 1981 l’Abci – la struttura investigativa anticrimine australiana – stilò un altro articolato rapporto individuando l’esistenza di una organizzazione operante su tutto il territorio nazionale e governata da sei ipotetici capibastone: Giuseppe Carbone (South Australia), Domenico Alvaro (New South Wales), Pasquale Alvaro (Canberra), Peter Callipari (Griffith), Pasquale Barbaro (Melbourne) e Giuseppe Alvaro (Adelaide). A conferma della presenza della ‘ndrangheta giunsero successivamente, in momenti diversi, i ritrovamenti di tre “codici” di affiliazione a Canberra e Adelaide. A questo punto, gl’investigatori d’Oltreoceano per ben comprendere dinamiche, simbologie e riti delle cosche nostrane chiesero aiuto al governo italiano, che spedì a Sydney Nicola Calipari all’epoca capo della squadra mobile di Cosenza. L’apporto fornito dal poliziotto italiano si rivelò fondamentale.

Ma non bastò a frenare l'avanzata della mafia calabrese che, il 10 gennaio 1989 a Canberra, ordinò l’uccisione di Colin Winchester, vice capo della polizia federale, e fiero nemico di boss e picciotti quanto lo era stato Donald Mackay. Per la stessa ragione venne poi ammazzato, il primo marzo del 1994, ad Adelaide, il sergente Geoffrey Bowen, investigatore di punta della struttura investigativa anticrimine australiana. Tutti e tre i delitti sono rimasti impuniti.Una brutta fine hanno fatto pure, in tempi diversi, dei “corrieri” di droga di ceppo anglosassone rivelatisi “infedeli” e puniti per il tradimento compiuto con la morte. Si tratta di Douglas e Isabel Wilson e di William e Maria Clarke, ammazzati, rispettivamente, a Rosebud e Julatta. Come ai tempi di Peter Callipari anche in epoca recente gli ’ndranghetisti d’Australia – riproponendo un copione caro ai “compari” attivi nella terra d’origine – hanno continuato a mantenere rapporti con il mondo politico. Una inchiesta della magistratura australiana ha rivelato, nel 2013, che l’ex ministro liberale per l’immigrazione, Amanda Vandstone, avrebbe fatto ottenere un visto a un boss poi arrestato per traffico di droga ed implicato in un omicidio. L’uomo sarebbe il fratello di un uomo d’affari di Melbourne finanziatore del suo partito. La stessa Vandstone nel 2005 aveva bloccato la procedura di espulsione (in quanto clandestino) di Frank Madafferi, poi arrestato nel 2007 per il sequestro, a Melbourne, delle 4,4 tonnellate di pillole di ecstasy. Al J. Grassby, nel 1974, concesse invece il beneficio d’un permesso di soggiorno provvisorio ad un pregiudicato calabrese di Platì che voleva andare a trovare i parenti ad Adelaide. La storia, come vedete, spesso si ripete.

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