Il 16 gennaio scorso la sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Crotone aveva rigettato la richiesta di confisca, sostenendo l'assoluta estraneità di Vrenna alle dinamiche criminali. Decisione a cui aveva fatto il ricorso da parte della Dda in discussione adesso davanti ai giudici della Corte d'appello di Catanzaro. Nel corso dell'udienza di oggi il sostituto procuratore generale Salvatore Curcio ha ribadito la richiesta di confisca dei beni e di applicazione nei confronti dei fratelli Vrenna della misura di prevenzione della sorveglianza speciale, con obbligo di soggiorno per cinque anni nel comune di residenza. La difesa degli imprenditori, rappresentata dagli avvocati Francesco Gambardella, Francesco Verri e Carlo Federico Grosso, ha chiesto invece ai giudici di confermare la sentenza di primo grado. La Corte si è riservata la decisione. I fratelli Vrenna, si afferma nel ricorso presentato dalla Dda alla Corte d'appello, sarebbero "imprenditori attigui al fenomeno mafioso per essersi, sin dalla genesi della loro attività, accordati con le consorterie criminali e segnatamente con quella denominata Vrenna-Corigliano-Bonaventura".
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