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Clima di terrore
a Calabria Verde

Clima di terrore a Calabria Verde

Le minacce concrete e la paura di ritorsioni. Il clima di timore fra i lavoratori di Calabria Verde sarebbe stato terreno fertile per lo sviluppo del “sistema criminale” descritto dal gip di Catanzaro nell'ordinanza di custodia cautelare eseguita mercoledì dalla Guardia di Finanza. In carcere sono finiti l’ex direttore generale Paolo Furgiuele e l’ex dirigente del settore Forestazione, antincendio boschivo e sorveglianza idraulica, Antonio Allevato; ai domiciliari Marco Mellace, ex responsabile dell’ufficio Economato, mentre l’interdizione dai pubblici uffici è scattata per Antonio Errigo, ex dirigente della segreteria del dg oggi commissario del Parco delle Serre, e l’obbligo di dimora per Gennarino Magnone, agrotecnico destinatario di un incarico di consulenza esterna. Contestate a vario titolo le ipotesi di peculato, abuso d’ufficio, falso ideologico commesso da pubblico ufficiale e minacce a pubblico ufficiale.

Di quest’ultimo reato è, fra l’altro, chiamato a rispondere Allevato. Secondo l’accusa, avrebbe prospettato «gravi contestazioni disciplinari» a dieci direttori di lavori di altrennati distretti da Reggio a Cosenza, imponendo di fatto di produrre certificati di stato d’avanzamento lavori per pagare i forestali pur senza che gli interventi fossero stati compiuti. I racconti degli interessati sono circostanziati: «In modo imperativo – racconta per esempio uno di loro agli inquirenti – ci diceva che dovevamo redigere gli stati d'avanzamento lavori da maggio a dicembre 2015, altrimenti avrebbe fatto sapere agli operai che la nostra inerzia avrebbe portato alla mancata corresponsione dei loro stipendi. Questa minaccia risultò molto grave per me e per i miei colleghi, poiché nei cantieri saremmo stati da soli ad affrontare la rabbia dei lavoratori con tutto quello che ne poteva derivare sotto il profilo della nostra sicurezza fisica». Qualcuno avrebbe pensato anche una denuncia per mobbing, «ma – racconta – fui dissuaso dai miei familiari per evitare conseguenze peggiori». Ricordi che s’intrecciano con altri passaggi raccolti dalla Guardia di Finanza: un ordine di Allevato «rappresentato con toni forti e imperativi suscitò timore tra la maggioranza dei direttori dei lavori i quali non proferirono osservazioni, mentre in pochi cercarono di protestare. Personalmente – prosegue la testimonianza - avendo timore che i miei operai potessero avere pregiudicata la corresponsione dello stipendio, oltretutto nel periodo natalizio, non me la sono sentita di oppormi. Dopo pochi giorni sottoscrissi i Sal e non volli più sapere nulla dei progetti».

Clima di paura che si sarebbe diffuso tra i lavoratori anche nel caso delle opere eseguite nella villa di Furgiuele. «Si trattava di ordini di servizio – racconta uno degli operai “dirottati” sul Tirreno cosentino – e se non li avessi eseguiti sarei stato messo in cattiva luce soprattutto con i superiori». Anziché eseguire lavori nella sede di Paola, dunque, si ristrutturava la casa privata dell’ormai ex dg sul lungomare di Amantea, peraltro con materiale pagato da Calabria Verde. Qualcuno, dopo essersi lamentato, sarebbe stato trasferito. «Un giorno mi opposi – verbalizza un altro lavoratore – e cercarono di tranquillizzarmi dicendo che mancavano solo pochi interventi ancora e che se fosse successo qualcosa “se la sarebbero vista loro”». Ma non è tutto: «In un altro episodio, ricordo che eravamo ad Amantea e io stavo per andare via perché non ce la facevo più a sopportare la situazione e fu lo stesso Furgiuele che si offrì di accompagnarmi; nel tragitto per Catanzaro insistette ancora perchè tornassi a lavorare a casa sua».

Ieri l’iter della Giustizia è andato avanti con gli interrogatori. Furgiuele, assistito dall’avvocato Nicola Cantafora del Foro di Catanzaro, si è avvalso della facoltà di non rispondere. Scelta analoga per Mellace, mentre Allevato ha reso spontanee dichiarazioni professandosi estraneo alle vicende contestate dalla Procura.

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