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Sequestro beni per 26 milioni

Sequestro beni per 26 milioni

Sigilli a beni per oltre 26 milioni di euro nei confronti di una società di capitali operante nel settore dei call center e dei due amministratori. Il provvedimento, eseguito dai finanzieri del nucleo di polizia tributaria di Catanzaro, è stato emesso dal Gip presso il tribunale di Lamezia Terme, sui beni (mobili, immobili, valori, danaro) intestati alla società Infocontact
srl, operante in tutta la Regione nel settore delle telecomunicazioni e ai due amministratori di diritto e di fatto, Giuseppe e Mariano Pane, per un ammontare complessivo di circa 26 milioni di euro. L’Infocontact, attualmente in amministrazione straordinaria,costituita nell’anno 2001, ha operato sul mercato dell’outsourcing nei servizi di Custode care dall'anno 2006; dal 2006 al 24 luglio 2014 - data in cui il tribunale di Lamezia Terme ne ha dichiarato lo stato d’insolvenza - è stata amministrata dalle famiglie Pane, noti armatori sorrentini, e Graziani, il cui capostipite ha ricoperto ruoli dirigenziali nella Telecom Italia, le quali ne hanno detenuto, per il tramite di società alle stesse riconducibili, l’intero capitale sociale. Le persone che hanno amministrato, in fatto ed in diritto, la società sono stati Giuseppe e Mariano Pane e Alfonso Graziani
(quest’ultimo deceduto pochi mesi prima della dichiarazione dello stato d’insolvenza). L’infocontact, pur avendo stabilito la propria sede legale a Roma, ha sempre operato in Calabria e, in particolare nelle province di Catanzaro, Cosenza e Vibo Valentia, dove aveva 14 sedi operative. Ha usufruito di svariati contributi straordinari previsti da leggi nazionali e comunitarie, per l’assunzione e la formazione dei dipendenti, oltre a sgravi fiscali e contributivi a riduzione del costo del lavoro. Secondo i finanzieri, proprio alla luce di tali agevolazioni e contributi, l’Infocontact sia arrivata a investire in Calabria e ad avere alle sue dipendenze, nei vari “call center”, circa 2.000 lavoratori. Secondo le fiamme gialle, quindi, per effetto delle condotte dissipative e distrattive, oggi quei 2 mila giovani dipendenti hanno perso il posto di lavoro e quanto investito
in termini di impegno e di rinuncia ad altre opportunità. Assieme ai giovani della Calabria, vittima e persona offesa, risulta pure il fisco, cui la società “indagata” ha omesso di versare, per il periodo 2009-2013, somme per oltre 26 milioni di euro. Le complesse attività investigative, dirette dal Procuratore capo facente funzioni della Procura della Repubblica di Lamezia Terme, Luigi Maffia, hanno consentito di individuare una serie di operazioni distrattive e dissipative poste in essere dall’organo amministrativo della società in un periodo in cui la stessa versava già in uno stato di decozione
e/o insolvenza. Peraltro, grazie all’ausilio di intercettazioni tecniche, le indagini hanno consentito di smascherare una fitta rete di società correlate e collegate, di cui alcune anche in territorio estero, possibili destinatarie dei proventi distratti. L’attività di servizio, eseguita in Campania e nel Lazio, ha interessato numerosi conti correnti, un lussuoso attico nel centro di Roma, nonchè beni mobili e partecipazioni societarie risultati essere nella disponibilità degli indagati.

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