Il Sud va controcorrente. Questa volta però non verso il basso. Nascono più imprese di quelle che muoiono. È il dato certificato da Unioncamere nel secondo trimestre di quest’anno.
Piccole o grandi che siano, la classifica vede quattro province calabresi nei primi dodici posti per nuova imprenditorialità: Crotone è quarta in Italia con un tasso di crescita dell’1,15%, che significa 406 aziende create e 208 seppellite; Vibo segue nell’ottima sesta posizione con crescita sempre superiore all’1%. Pochissime le province italiane che possono vantare un tasso così, soltanto sette.
«Anche i nostri dati, dopo quelli di Istat e Banca d’Italia, indicano segnali di vitalità da parte del Mezzogiorno», sottolinea Ivan Lo Bello, presidente nazionale di Unioncamere e imprenditore siciliano. Perchè la mappa dell’economia tricolore è in forte trasformazione dall’anno scorso, e vede nel Meridione un nuovo, imprevisto, protagonismo, frutto di una dinamicità per certi versi impensabile. Almeno tra gli osservatori meno attenti.
Un ruolo di traino dell’impresa italiana, dunque, che il Sud non ha mai avuto e che indica una tendenza degli imprenditori a non demordere, a combattere contro gli ostacoli storicamente più grandi: inefficienza della pubblica amministrazione, banche poco collaborative, lontananza dei mercati e criminalità organizzata. Vecchi mali che frenano il Sud ma non lo bloccano. Almeno per quanto riguarda la voglia di investire.
Discorso diverso, ovviamente - ma la storia non si cancella con un colpo di spugna - quando si parla di volume produttivo e di forza imprenditoriale, dove il Nord è il vero traino.
Che il vento stia cambiando nel Mezzogiorno lo dicono i numeri del “meteo” di Unioncamere. Negli ultimi cinque anni il commercio tira molto, tanto che i dipendenti di questo settore sono aumentati: 38 mila assunti in più. Altri 6 mila nuovi addetti nel settore dei servizi alla persona, sempre dal 2011 allo scorso giugno. Ed è sempre il Sud che non fa crollare il settore agricolo nazionale, perchè è qui che nell’ultimo quinquennio sono arrivati 12 mila nuovi lavoratori, quando nel Centro-Nord il calo è stato di 4 mila addetti.
Subito dopo Crotone e Vibo, all’ottavo posto della classifica sale la provincia di Catanzaro, con crescita d’impresa allo 0,86%, seguita da quella di Cosenza in 12esima posizione con un saldo dello 0,85%. Soltanto Reggio Calabria resta indietro, al posto 63 (su 108) con una crescita contenuta allo 0,54%.
Resta comunque una performance di tutto rispetto per la Calabria: 3.369 imprese nella sala parto in un anno, 1.903 seppellite. Saldo di 1.466 nuove aziende nella regione. Ed un tasso medio di crescita dello 0,88% che porta la Calabria sul podio nazionale.
Certo, non è certamente un buon motivo per fare i salti di gioia e gridare ai quattro venti che la crisi è superata. Ma se si guarda alla crescita delle province fra le più produttive d’Europa come Milano (crescita ferma allo 0,79%) e Torino (0,57%), un’iniezione di ottimismo può far bene. A cominciare dalle banche che dovrebbero aprire di più e meglio i loro rubinetti, ed agli enti locali che farebbero meglio a mettere meno ostacoli, porre pochi vincoli e anzi incentivare il lavoro di chi investe in una terra che finora è stata troppo avara verso le imprese. Quelle sane.