Soltanto il 19,8% dei calabresi dicono di avere paura della criminalità. Così hanno risposto alla domanda dell’Istat nel 2014. I dati sono stati pubblicati pochi giorni fa dall’istituto di statistiche, ma la dicono lunga sulla scarsa percezione del fenomeno nella regione. Una tendenza a minimizzare la piaga della ‘ndrangheta che continua dal 1995, quando l’Istat registrava un debole 20,1%.
Paradossalmente il sentire dei calabresi sulla criminalità è molto vicino a quello dei trentini (18,1%) dove le vicende di mafia sono certamente di meno, così come in Valle d’Aosta, Liguria, Sardegna e nella tranquillissima Basilicata (10%). Invece nelle altre 15 regioni italiane la percezione della criminalità è maggiore di quella della Calabria. Dove soltanto nel 2008 ha superato il 30%, secondo i dati storici dell’Istat che sono stati raccolti negli ultimi vent’anni.
La sottovalutazione del fenomeno delinquenziale, volontaria o meno, c’è anche in Sicilia, con un debolissimo 22% che nel ’95 era al 28,3%. Ma che Nord e Centro sentano di più il peso della criminalità rispetto al Sud è un dato storicamente registrato che quantomeno preoccupa.
Si tratta di una specie di assuefazione al crimine. Si parla ovviamente di subirlo, non di commetterlo. Il picco è nella Lombardia, la regione senza dubbio più ricca del paese, con il 37,2% registrato due anni fa. Nella Calabria col Pil più basso si scende quasi del doppio. Come se la sensibilità alla criminalità fosse legata in qualche modo alla ricchezza personale che ogni cittadino vuole conservare e difendere. Sopra la soglia del 30% infatti ci sono i più benestanti: oltre ai lombardi anche piemontesi, veneti ed emiliani. Pure i laziali col 36,2%. E nel Mezzogiorno afflitto dalle cosche, dagli spari, dal sangue, soltanto la Campania percepisce il pericolo al 31,4%.
Ma la stranezza dei numeri sta nel fatto che i campani vent’anni fa avevano paura della camorra al 57,5%, cioè più della metà di tutti loro. Poi fino al 2014 sembra esserci stata una graduale assuefazione dei napoletani, fino a raggiungere il 31,5%, passando da un sempre abbondante 40,2%. Come dire: alla fine ci hanno fatto il callo anche loro.
Andamento contrario, invece, nelle regioni del Nord. In Piemonte si è passati da un 28,8% al 31,6%; in Lombardia dal 34 al 37,2%; in Veneto dal 22,1 al 33,5%; dal 21,4 al 31% per l’Emilia-Romagna. Regioni dove le mafie hanno esportato molti dei loro affari, ma in cui la paura per la criminalità è cresciuta di molto. L’unica a percepire il fenomeno allo stesso modo dal ‘95 ad oggi è la Toscana, ma in Umbria la criminalità s’è fatta sentire di più passando dal 21,4% (sempre meno della Calabria) al 34,3%. (v.l.)