Il Pil è il più basso d’Italia ma una truffa su cinque all’Unione europea viene fatta in Calabria. Negli ultimi sei anni il Por è stato preso in giro per 1.200 volte, con un esborso costato a Bruxelles oltre 200 milioni di euro. Che su un totale di truffe per 1,7 miliardi di euro, significa l’11,5%. Un vero e proprio record nazionale di “furbetti dell’Ue”.
E non è finita. Perchè quest’anno, fino a maggio scorso, ci sono state altri 43 imbrogli, per un totale di circa 23 milioni. Che equivale al 24% dell’importo nazionale. Cioè una truffa su quattro ha per teatro la Calabria. Una maglia nera che Bruxelles non riesce a digerire, i commissari lo ricordano ogni volta agli amministratori regionali di turno, ma il fenomeno sembra inarrestabile.
Ci sono tre gradi di controllo, e quello della finanza è l’ultimo. Ma gli altri due, che dovrebbe fare la Regione, evidentemente non funzionano. Addirittura in un caso, registrato l’inverno scorso, un funzionario regionale molto sveglio aveva trovato il metodo di far finanziare dei progetti presentati dalla compagna messa lì a guidare un’impresa specializzata in imbrogli. Questo sostiene la procura, anche se il processo resta ancora da fare.
L’annata più produttiva per i “furbetti dell’Ue” calabresi è stato il 2014. Le Fiamme gialle della Legione calabrese hanno smascherato 563 truffe, costate a Bruxelles oltre 66 milioni. Ma un altro anno produttivo di imbrogli è stato il 2011, in cui pur essendo state le truffe meno della metà, hanno causato un buco di 48 milioni, equivalente ad un quarto di tutti gli imbrogli avvenuti da Bolzano a Palermo.
C’è stato sostanzialmente un cambio tecnico. I truffaldini specializzati per bypassare i controlli si fanno finanziare piccoli progetti produttivi, da 500 mila euro. Basta con le richieste a due cifre milionarie. Con questa strategia a pioggia però riescono a incassare gli stessi fondi europei, continuando a non produrre nulla. Con nuovi posti di lavoro uguali a zero. I “furbetti” sono così abili da preparare meticolosamente tutti i documenti necessari, con la collaborazione di aziende che alla finanza chiamano “cartiere”, cioè specializzate a fatturare forniture fantasma. Queste ditte spesso sono controllate dagli stessi truffatori, ma intestate a prestanome. Molte volte a tenergli botta sono anche direttori e funzionari di banca collusi. Il risultato è fantastico per loro perchè riescono a ottenere soldi piovuti dal cielo, non sborsando un euro del cofinanziamento previsto dall’Unione europea, ma è devastante per i calabresi che vedono svanire i loro sogni di produttività e di nuovi posti di lavoro.
Così la Calabria è maglia nera. Soprattutto per l’Olaf, l’Ufficio europeo antifrodi in cui collaborano forze dell’ordine e magistrature. Nel solo 2011 l’Olaf ha scoperto imbrogli per 690 milioni in tutti i 28 paesi dell’Unione, più della metà in Italia (382 milioni).
Ma le forche caudine per le Fiamme gialle sono i tempi di prescrizione per le truffe di questo tipo. Che partono dal momento in cui arriva l’ultimo bonifico all’azienda da parte della Regione. I “furbetti”, e soprattutto i loro blasonati avvocati, sanno bene che dopo 7, al massimo 8 anni, tutto va in prescrizione. Incluse le meticolose indagini dei finanzieri che mettono il naso in tutta la documentazione falsa. Diventa difficile in un procedimento penale del genere compiere i vari passaggi: l’istruttoria, andare a processo, e passare primo grado, Corte d’appello e Cassazione. Tutto questo in 7 anni, che sono tanti per gli umani, ma pochi per gli addetti ai lavori. Che sanno come si possa arrivare al terzo grado di giudizio in tempi come questi soltanto per processi di mafia.